Durante la presentazione del Decreto Rilancio, il Ministro della Salute ha illustrato il nuovo piano di investimenti per il SSN, pari a 3,250 miliardi di euro.
Una parte di questi fondi sarà destinata all’assunzione di 9600 infermieri di comunità, o infermieri di famiglia, con l’obiettivo dichiarato di rinforzare la medicina territoriale, così come prevede il Decreto Legge n. 158 del 13 settembre 2012 “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”.
Ma chi è l’infermiere di comunità, quale ruolo ricopre, e perché è così importante in un Paese come l’Italia?
Approfondiamo insieme.
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L’Italia è un Paese sempre più vecchio
L’aspettativa di vita in Italia è alta, tra le più alte in Europa e al mondo, ma di contro abbiamo un livello di natalità molto basso.
Il risultato è una popolazione sempre più anziana, con trend e previsioni per il futuro non proprio rassicuranti.
Negli ultimi 10 anni, ad esempio, gli over 75 sono aumentati di 1,5 milioni e si stima una perdita di popolazione entro il 2066 pari a circa l’11%.
A tutto questo va aggiunto un altro dato importante: l’80% della spesa sanitaria degli italiani è causata da malattie croniche.
In uno scenario simile risulta essenziale il potenziamento della medicina territoriale, e in particolare l’aumento del numero di infermieri di comunità, che potrebbero garantire cure costanti ai cittadini decongestionando le corsie degli ospedali e i pronto soccorso.
Chi è l’infermiere di comunità
La figura dell’infermiere di comunità e di famiglia è stata introdotta e definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel lontano 2000, con la pubblicazione di un documento dal titolo “The family health nurse context, conceptual framework and curriculum”.
Si tratta di un nuovo tipo di infermiere, che
Aiuterà gli individui e le famiglie ad affrontare malattie e croniche disabilità, o durante i periodi di stress, trascorrendo gran parte del loro tempo a lavorare nelle case dei pazienti e con le loro famiglie. Tali infermiere forniscono consigli sullo stile di vita e sui fattori di rischio comportamentale, oltre ad assistere le famiglie nelle questioni relative alla salute.
Da questa definizione si possono ricavare alcuni concetti chiave, alla base della nuova figura professionale dell’infermiere di comunità e di famiglia:
- è un infermiere professionista, quindi con un titolo di studio adeguato e riconosciuto;
- affianca pazienti e famiglie su questioni relative non solo alla cura della patologia in corso, ma anche della prevenzione e del miglioramento dello stile di vita;
- si reca a domicilio, erogando il servizio direttamente presso la casa del paziente, evitando che questo debba spostarsi per recarsi in una struttura.
Inoltre, possono identificare gli effetti di fattori socio-economici sulla salute di una famiglia, segnalando situazioni di difficoltà o di indigenza agli uffici competenti.
Questo punto è molto importante, perché ci fa capire che l’infermiere di famiglia e di comunità non ricopre solo un ruolo sanitario, ma anche sociale, fondamentale per il miglioramento delle condizioni generali dei pazienti.
Più cure a domicilio, meno affollamento degli ospedali
Oltre ai vantaggi per i pazienti, che ricevono cure e assistenza professionale direttamente a casa grazie all’intervento dell’infermiere di comunità e di famiglia, sono da menzionare anche gli aspetti positivi per il SSN nella sua interezza.
Uno dei grandi problemi dei nostri ospedali è la presenza in reparto di pazienti ricoverati per ricevere cure blande, che potrebbero essere erogate senza nessun disagio anche a casa, nel conforto del proprio letto.
Purtroppo, mancando il supporto della medicina territoriale, i reparti delle strutture ospedaliere sono sempre pieni, rischiando poi il collasso in caso di aumento della richiesta di cure in un determinato periodo.
Il caso eclatante dell’emergenza coronavirus ha messo in risalto questo aspetto, ma anche in condizioni normali, quindi senza una pandemia in corso, il sovraffollamento degli ospedali in alcuni periodi dell’anno è molto frequente.
Basti pensare, ad esempio, all’influenza stagionale nei mesi invernali, che colpisce moltissime persone, soprattutto bambini e anziani, rendendo necessario il ricovero.
Creando una rete di infermieri di comunità ben strutturata e ramificata si potrebbe dare un grande supporto alle strutture ospedaliere, offrendo le cure a domicilio.
Quali competenze deve avere l’infermiere di comunità
L’infermiere di comunità e di famiglia è una figura professionale più evoluta rispetto all’infermiere “tradizionale”, perché deve affiancare alle competenze tecniche di assistenza sanitaria anche doti di comunicazione, capacità di prendere decisioni in autonomia e in tempi rapidi, gestire il flusso di lavoro e infondere autorevolezza.
Nel dettaglio, ecco cosa deve essere in grado di fare, secondo il curriculum definito dall’OMS:
- identificare e valutare lo stato di salute e le esigenze di salute degli individui e delle famiglie all’interno del contesto delle loro culture e comunità;
- prendere decisioni basate su principi etici;
- pianificare, avviare e fornire assistenza alle famiglie nell’ambito del loro carico di lavoro definito;
- promuovere la salute di individui, famiglie e comunità;
- applicare la conoscenza di una varietà di strategie di insegnamento e apprendimento con individui, famiglie e comunità;
- utilizzare e valutare diversi metodi di comunicazione;
- partecipare alla prevenzione delle malattie;
- coordinare e gestire le cure, incluso ciò che ha delegato ad altre persone e personale;
- documentare sistematicamente i servizi erogati e le procedure effettuate;
- generare, gestire e utilizzare informazioni cliniche, basate sulla ricerca e su statistiche per pianificare l’assistenza e dare priorità alle attività legate alla salute e alla malattia;
- sostenere e responsabilizzare individui e famiglie a influenzare e partecipare alle decisioni riguardo alla loro salute;
- stabilire standard e valutare l’efficacia delle attività infermieristiche sulla salute familiare;
- lavorare in modo indipendente e come membro di una squadra;
- partecipare alla definizione delle priorità delle attività relative alla salute e alla malattia;
- gestire il cambiamento e agire come agente per il cambiamento;
- mantenere relazioni professionali e un ruolo collegiale di supporto con i colleghi;
- mostrare prove dell’impegno per l’apprendimento permanente e lo sviluppo di una formazione professionale continua.
Una figura centrale all’interno della Sanità Pubblica
All’interno del documento dell’OMS a cui abbiamo fatto riferimento prima è presente questa immagine, che riteniamo essere particolarmente efficace nell’illustrare il ruolo dell’infermiere di comunità all’interno del sistema della Sanità Pubblica.
Se la Sanità Pubblica è un ombrello, composto da Medici, Infermiere, Professionisti sanitari vari e sotto il quale trovano riparo ospedali, centri medici, specialisti, famiglie e individui, l’infermiere di comunità e di famiglia rappresenta il manico dell’ombrello, ciò che lo regge e lo rende più forte e stabile.
Una bella immagine, che mette questa nuova figura professionale al centro del processo.
Conclusioni
La FNOPI – ovvero la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche – ha calcolato che per far fronte al bisogno di salute sul territorio delle persone con patologie croniche e non autosufficienti (circa 16 milioni di persone), oltre ai medici di medicina generale servono almeno 31mila infermieri di comunità e di famiglia, uno ogni 500 pazienti.
Con l’assunzione, annunciata dal Ministro Speranza, di 9600 infermieri di comunità si pone, quindi, il primo mattone per costruire una rete di assistenza sanitaria territoriale.