Riciclo pannolini e assorbenti: il caso dell’impianto sperimentale di Treviso

da | Mar 30, 2018 | Ambiente | 0 commenti

Ogni bambino consuma circa 5000 pannolini nei primi tre anni di vita, contribuendo al problema dello smaltimento di quello che è, ad oggi, uno dei rifiuti urbani più inquinanti in assoluto.

Solo in Italia, parliamo di circa il 2,5% dei rifiuti solidi urbani, 900.000 tonnellate che finiscono in discarica o in un termovalorizzatore, perché non rientrano nei materiali da separare attraverso una corretta raccolta differenziata.

Da decenni si parla di come creare un processo di riciclo pannolini e assorbenti, con il lancio di progetti pilota in diversi Paesi del Mondo – dalla produzione di tegole e panchine al compost – senza trovare, però, la quadratura del cerchio.

Il progetto “Riciclo” dell’azienda Fater potrebbe contribuire a risolvere, o per lo meno a ridurre, il problema dello smaltimento dei pannolini e degli assorbenti, tramite un impianto sperimentale situato in provincia di Treviso, unico in Europa.

Il progetto, però, si è scontrato con la burocrazia italiana, che ha evidenziato un vuoto normativo.

Vediamo perché.

Riciclo pannolini e assorbenti: le cause del diverbio legale

L’impianto situato nella cittadina di Lovandina di Spresiano era stato inaugurato nell’ottobre del 2017, ma una querelle tra l’azienda, la Regione Veneto e il Ministero dell’Ambiente ne ha bloccato il suo funzionamento.

Le ragioni alla base di questo diverbio legale si basano su un cavillo burocratico, legato al concetto di “end of waste”, che di fatto ha impedito all’azienda Fater di avviare la sperimentazione di questo progetto di riciclo pannolini e assorbenti.

Riassumendo brevemente la vicenda, nell’agosto del 2016 la Regione Veneto aveva negato l’autorizzazione all’impianto sperimentale.

La Fater e la Contarina, le due aziende gestrici dell’impianto, avevano presentato ricorso al TAR, che si espresse in favore di queste ultime, stabilendo che la materia fosse di competenza dell’amministrazione centrale e non di quella regionale.

Come riporta l’Ansa, il 28 febbraio 2018 il Consiglio di Stato si è espresso in merito riformando la sentenza del TAR Veneto n. 1422/2016, affermando che la decisione spetta allo Stato e non alle Regioni, integrando le direttive comunitarie.

Ora, quindi, la questione è di competenza del Ministero dell’Ambiente.

Il concetto di “end of waste”

Il motivo per il quale la Regione Veneto ha annullato l’autorizzazione all’impianto è, di fatto, l’assenza di una normativa che regoli il trattamento dei prodotti assorbenti.

In effetti, il progetto sperimentale della Fater prevede il riutilizzo di parte dei materiali di cui sono composti pannolini e assorbenti, trasformandoli in “materia prima seconda”.

Per non essere più considerato rifiuto, però, è necessaria una integrazione alle direttive comunitarie, con un apposito decreto stilato dal Ministero dell’Ambiente, con il quale definire in modo chiaro i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, il cosiddetto “end of waste”.

Ora, quindi, si deve attendere la pronuncia della Commissione Europea.

Riciclo pannolini e assorbenti: il progetto sperimentale di Fater

Come si legge sul sito ufficiale, il processo brevettato dall’azienda abruzzese Fater si basa su un sistema di riciclo pannolini e assorbenti che genera plastica in granuli e materia organico-cellulosica di elevata qualità e completamente sterilizzate, grazie all’utilizzo del vapore che elimina tutti i potenziali patogeni e i cattivi odori.

Da 1 tonnellata di prodotti usati deriveranno 75 kg. di plastica e 225 kg. di materia organico-cellulosica.

In questo video viene illustrato il processo, mostrando anche l’impianto realizzato e attualmente fermo.

Il riciclo dei pannolini e dei prodotti assorbenti consentirebbe la produzione di arredi urbani e molteplici altri oggetti di uso quotidiano, cartoni per imballaggi industriali e fertilizzante.

Si spera, quindi, in una rapida evoluzione della procedura burocratica, per favorire impianti di riciclaggio altamente performanti e ridurre l’impronta ecologica.

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