Che cos’è la biocapacità della Terra?

da | Mar 2, 2023 | Ambiente | 0 commenti

Con il termine biocapacità della Terra ci riferiamo al fatto che il nostro Pianeta non dispone di risorse naturali infinite, e non è nemmeno in grado di assorbire tutti i rifiuti solidi e gassosi di natura antropica, eppure la popolazione mondiale necessita di molto più di quello che è in grado di offrire, creando quello che in economia viene definito un mismatch tra domanda e offerta.  

Dal punto di vista ecologico e ambientale, la domanda è denominata impronta ecologica, mentre l’offerta è, appunto, la biocapacità

Purtroppo da diversi anni non c’è più equilibrio tra domanda e offerta, con la prima che aumenta sempre più e la seconda che, invece, non solo è insufficiente, ma anche fortemente a rischio a causa degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici. 

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è la biocapacità della Terra e perché è così importante provare a ristabilire un equilibrio tra domanda e offerta

Cos’è la biocapacità della Terra?

Prendendo la definizione fornita dal Global Footprint Network, la biocapacità della Terra consiste nella capacità degli ecosistemi di rigenerare ciò che le persone richiedono da quelle superfici

La biocapacità è quindi la capacità degli ecosistemi di produrre materiali biologici utilizzati dalle persone, ma anche quella di assorbire materiale di scarto generato dall’uomo, secondo gli attuali schemi di gestione e tecnologie di estrazione.

Cosa vuol dire? La biocapacità misura la quantità di superficie terrestre e acquatica biologicamente produttiva disponibile per fornire i servizi ecosistemici che l’umanità consuma.

È evidente, insomma, che una foresta incontaminata presenta una biocapacità molto più elevata rispetto ad una città.  

La biocapacità può cambiare di anno in anno a causa del clima, della gestione delle risorse naturali ma anche delle effettive esigenze manifestate dall’economia umana

Pensiamo, ad esempio, al 2020 e al periodo più critico della pandemia, con il lockdown e le limitazioni agli spostamenti, in cui non a caso la domanda ha superato l’offerta leggermente in ritardo rispetto all’anno precedente.

Ormai da decenni la richiesta dell’uomo, quindi l’impronta ecologica, supera di gran lunga la capacità del pianeta di far fronte alle nostre esigenze, generando un deficit ecologico, con enormi conseguenze ambientali, sociali ed economiche. 

L’Earth Overshoot Day: ogni anno abbiamo bisogno di 1.75 pianeti Terra

Ogni anno si “celebra” l’Earth Overshoot Day, ovvero il giorno in cui la domanda dell’uomo supera la biocapacità annuale del pianeta, quindi la sua capacità di offrire risorse naturali e assorbire gli scarti delle attività umane
Dal 1971 questo momento giunge sempre prima, a dimostrazione dell’aumento enorme della domanda da parte dell’uomo.

biocapacità della terra

L’Earth Overshoot Day viene calcolato dividendo la biocapacità del pianeta, ovvero la quantità di risorse ecologiche che la Terra è in grado di generare quell’anno, per l’Impronta ecologica dell’umanità, quindi la domanda dell’umanità per quell’anno, e moltiplicando per 365, il numero di giorni in un anno.

Nel 2022 si è raggiunto l’overshoot day il 28 luglio, 5 mesi prima rispetto alla fine dell’anno solare

Questo vuol dire che per soddisfare la richiesta di risorse naturali da parte del genere umano abbiamo bisogno di 1.75 pianeti Terra dei quali, ovviamente, non disponiamo.  

Appare evidente, quindi, che dobbiamo ridurre la domanda, modificando il modo in cui costruiamo e gestiamo le nostre città, produciamo energia elettrica, coltiviamo, produciamo e consumiamo il cibo, per ridurre questo gap tra domanda e offerta e favorire la rigenerazione delle risorse naturali prodotte dal pianeta di cui abbiamo bisogno.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.

Segui FASDA su Facebook