La variante Delta ha una prevalenza pari al 22,7%

da | Lug 12, 2021 | Medicina Generale, Sanità Integrativa | 0 commenti

Una nuova indagine rapida condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute, insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler, ha evidenziato una prevalenza della cosiddetta variante Delta, in Italia, pari al 22,7%

Il dato si riferisce alle stime effettuate in data 22 giugno. 

L’andamento nella diffusione delle varianti registrato nel nostro Paese, in particolare l’aumento della variante Delta, era atteso dagli Enti preposti al controllo e al monitoraggio, come dichiarato dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro: 

“La crescita della prevalenza della variante Delta è un dato atteso, che deve essere monitorato con grande attenzione. È fondamentale continuare il tracciamento sistematico dei casi per individuare i focolai, che in questo momento è reso possibile dalla bassa incidenza, e completare il più velocemente possibile il ciclo vaccinale, dal momento che, come confermato anche ieri dall’Ema, questo garantisce la migliore protezione.”

Vediamo più nel dettaglio i risultati della Survey realizzata da ISS in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler. 

I risultati dell’indagine

In totale, hanno partecipato all’indagine tutte le Regioni/PPAA e complessivamente 113 laboratori. Da 854 casi confermati in RT-PCR, sono stati sequenziati 772 campioni e classificati in base a quello che tecnicamente viene definito lignaggio – ovvero il codice alfanumerico che identifica un raggruppamento di virus all’interno di una specie, che differisce per porzioni di genoma di molto piccola entità – al quale per praticità poi viene assegnato un nome, di solito utilizzando una lettera dell’alfabeto greco. 

In dettaglio, tra le 736 sequenze ottenute per l’analisi ne sono state individuate

  • 393 riconducibili a SARS-CoV-2 lignaggio B.1.1.7 (variante Alfa);
  • 0 riconducibili a SARS-CoV-2 lignaggio B.1.351 (variante Beta);
  • 92 riconducibili a SARS-CoV-2 lignaggio P.1 (variante Gamma);
  • 196 riconducibili a SARS-CoV-2 lignaggio B.1.617.2 (variante Delta);
  • 10 riconducibili a SARS-CoV-2 lignaggio B.1.525 (variante Eta);
  • 1 riconducibili a SARS-CoV-2 lignaggio P.2 (variante Zeta).

In termini percentuali, la prevalenza delle varianti, al 22 giugno è la seguente: 

  • 57.8% (range: 16.7%-100%) lignaggio B.1.1.7 (variante Alfa), in calo rispetto all’88,1% dell’indagine precedente;
  • 0.0% (range: 0.0%-0.0%) lignaggio B.1.351(variante Beta);
  • 11.8 % (range: 0%-37.5%) lignaggio P.1 (variante Gamma), in aumento rispetto al precedente 7,3%;
  • 22.7% (range: 0%-70.6%) lignaggio B.1.617.2 (variante Delta);
  • 1.4% (range: 0%-11.1%) lignaggio B.1.525 (variante Eta);
  • 0.2% (range: 0%-1.5%) lignaggio P.2  (variante Zeta).

Queste ultime due varianti, Eta e Zeta, rientrano rispettivamente nella categoria delle Variants of Interest (VOI) e Variants under Monitoring (VUM), ovvero varianti del virus ancora molto poco diffuse e sulle quale non si dispone ancora di dati sufficienti.

Le riflessioni del gruppo di ricerca

I dati raccolti con questa indagine condotta da ISS e Fondazione Kessler hanno condotto i ricercatori ad alcune riflessioni, riportate nella parte finale del documento.

Vediamole insieme: 

  1. nel contesto italiano, in cui la campagna di vaccinazione non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante;
  2. nell’attuale scenario europeo e nazionale, caratterizzato dalla circolazione di diverse varianti di SARS-CoV-2, è necessario continuare a monitorare con grande attenzione, in coerenza con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e con le indicazioni ministeriali, la loro diffusione ed, in particolare, di quelle a maggiore trasmissibilità o con mutazioni correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria;
  3. è importante mantenere l’incidenza a valori che permettano il sistematico tracciamento della maggior parte dei casi positivi e, per quanto possibile, il sequenziamento massivo di SARS-CoV-2 per individuare precocemente e controllare l’evoluzione di varianti genetiche nel nostro Paese.

Cosa sono tutte queste varianti del Sars-CoV-2?

Ci rendiamo conto che i dati riportati prima, tra percentuali, lignaggi, codici alfanumerici e varianti, possano creare un po’ di confusione

Per questo motivo, potrebbe essere utile chiarire un attimo a cosa si fa riferimento secondo il linguaggio “comune”, o “giornalistico”

  • la variante Alfa è quella comunemente chiamata variante inglese, sequenziata per la prima volta nel Regno Unito, che ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza;
  • la variante Beta è altrimenti chiamata variante sudafricana;
  • la variante Gamma è la cosiddetta variante brasiliana, che ha dimostrato di possedere una potenziale maggiore trasmissibilità e un possibile rischio di reinfezione;
  • la variante Delta è la cosiddetta variante indiana, rilevata per la prima volta in India e diffusasi molto rapidamente nel Regno Unito. Essa include una serie di mutazioni tra cui E484Q, L452R e P681R, la cui contemporanea presenza desta ragionevole preoccupazione per la potenziale maggiore trasmissibilità e il possibile rischio di reinfezione.

Per approfondire, consigliamo la lettura di questa pagina del Ministero della Salute, costantemente aggiornata con i nuovi dati a disposizione. 

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.

Segui FASDA su Facebook