In un precedente articolo abbiamo parlato di ictus, concentrandoci su come prevenire una sua insorgenza. Uno degli effetti di un attacco apoplettico (e non solo) è la cosiddetta afasia.
L’ictus rappresenta la terza causa di decesso nel nostro Paese, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori, ma rappresenta anche la principale causa di invalidità e la seconda causa di demenza dopo l’Alzheimer.
Infatti, circa il 20% dei pazienti colpiti da un ictus decede entro il primo mese, e oltre il 30% sopravvive con esiti invalidanti. L’afasia rientra a pieno titolo in questo secondo gruppo.
Con l’aumento dell’aspettativa di vita, ed il conseguente invecchiamento della popolazione, si stima un progressivo peggioramento di questi numeri, soprattutto se non si attivano adeguati processi preventivi.
Vediamo insieme in cosa consiste l’afasia.
Indice dei contenuti
Cos’è l’afasia
Secondo la definizione fornita dalla AITA, Associazione Italiana Afasici, l’afasia è un disturbo acquisito del linguaggio conseguente a una lesione cerebrale in grado di alterare alcune o tutte le modalità comunicative:
- espressione e comprensione orale;
- lettura;
- scrittura.
La popolazione afasica è estremamente eterogenea, con profili individuali di compromissione del linguaggio sia quantitativi (gravità) che qualitativi (differenti modalità comunicative).
Cosa vuol dire?
Che l’afasia provoca disturbi più o meno gravi, a seconda della grandezza della lesione, nel parlare, nel capire, nel leggere e nello scrivere.
Afasia: un termine troppo generico
Con il termine afasia si indica un disturbo molto complesso, che varia nei soggetti, e non è facile da catalogare in modo univoco.
Non esiste, infatti, una standardizzazione della diagnosi, dei sintomi o dei disturbi che la caratterizzano.
Come si legge nel libretto redatto dall’associazione, il termine afasia
“è una specie di grande ombrello sotto il quale si raccolgono deficit che nulla hanno di comune tra di loro né per le cause (traumatica, vascolare o altro), né per i comportamenti verbali compromessi (produzione, lettura, comprensione, etc), e nemmeno per la gravità del disturbo o altro.”
Afasie fluenti e non fluenti
Se è vero, come spiegato, che l’afasia varia a seconda dell’entità della lesione, vuol dire che non esiste un’unica forma di questo disturbo.
In genere, le afasie si dividono in due macro categorie:
- afasie fluenti: gli afasici fluenti non presentano riduzione dell’eloquio né difficoltà articolatorie, e possono produrre frasi lunghe;
- afasie non fluenti: gli afasici non fluenti parlano poco, con difficoltà, usando frasi brevi.
Rientrano nel gruppo delle afasie non fluenti l’afasia di Broca, quella transcorticale motoria e quella globale.
Nell’ambito degli afasici fluenti, invece, rientrano le afasie di Wernicke, di conduzione, transcorticale sensoriale, amnestica.
Altri disturbi nelle persone afasiche
Abbiamo spiegato come l’afasia sia riconosciuto come un disturbo del linguaggio provocato da una lesione cerebrale, ma non è rara la presenza anche di altri problemi nelle persone afasiche.
Nello specifico, è frequente la comparsa dei seguenti disturbi:
- emiplegia: disturbi dei movimenti del braccio e della gamba destra;
- emianopsia: perdita della visione nella parte destra dello spazio;
- aprassia: si tratta di un disturbo del gesto intenzionale, ovvero la difficoltà a compiere un gesto quando questo non è inserito nella situazione nella quale viene normalmente eseguito.
L’ampio ventaglio di disturbi dei quali soffre una persona afasica rende necessario il ricorso a differenti medici specialisti, come il neurologo, il logopedista, il fisioterapista.
Ne consegue che anche l’evoluzione della malattia, così come la fase di trattamento e di riabilitazione, risulta particolarmente complessa e delicata.
Principali cause dell’afasia
L’afasia consiste, quindi, in un disturbo che colpisce in particolare le funzioni del linguaggio – ma non solo, come spiegato – in seguito a un evento traumatico.
Ma quali sono le principali cause di questo disturbo?
- ictus;
- emorragia cerebrale;
- trauma cranico;
- tumore.
Purtroppo, mancando dei dati epidemiologici riferiti esclusivamente all’afasia, non è chiaro quale sia la sua incidenza e la sua prevalenza sulla popolazione.
Le stime, però, parlando di un’incidenza che varia dal 22% al 38%, lo rendono di fatto un disturbo molto più diffuso di quello che si pensa.
Cosa accade a una persona afasica
Un soggetto colpito da afasia può sperimentare sintomi e disturbi più o meno gravi, a seconda dell’entità dell’evento scatenante.
In modo preponderante, gli effetti principali si notano nell’area del linguaggio, con conseguente difficoltà a compiere gesti in precedenza svolti con naturalezza, come:
- parlare;
- leggere;
- comprendere un testo o un racconto;
- esprimere un pensiero in modo articolato;
- compilare un modulo;
- effettuare una telefonata;
- lavorare;
- fare calcoli, anche semplici;
- pronunciare un nome.
A questo si aggiungono gli altri disturbi a cui abbiamo fatto riferimento prima.
Non trattandosi di un problema psichico, il soggetto afasico è consapevole del disagio che prova, per questo motivo diventa di fondamentale importanza il sostegno e il supporto dei familiari e degli amici, che possono favorire e accelerare il recupero delle funzioni originali.
Per approfondire l’argomento, consigliamo la lettura di questo libretto redatto dalla AITA. Puoi trovarlo qui.