Tutti noi, ogni giorno, ci preoccupiamo di separare i rifiuti negli appositi contenitori, seguendo le linee guida della raccolta differenziata vigente nel nostro comune di residenza.
Tra questi rifiuti differenziati c’è ovviamente anche la plastica, della quale facciamo un abbondante utilizzo per gli imballaggi, il contenimento degli alimenti, e così via.
Però, non sempre quello che facciamo è corretto da un punto di vista tecnico, finendo col conferire nel bidone della plastica prodotti sì realizzati con questo materiale, ma che non sono riciclabili.
Per questo motivo, andrebbero gestiti come rifiuti indifferenziati o, in alcuni casi, come rifiuti ingombranti e speciali.
Ma quale plastica è riciclabile e, come possiamo riconoscerla?
Scopriamolo insieme.
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Gli italiani e la conoscenza del riciclo della plastica
Dando uno sguardo ai dati del Censis contenuti all’interno del rapporto “La sfida della plastica: una gestione intelligente per un materiale intelligente. Il valore sociale della plastica nell’economia circolare” si può leggere quanto segue:
“Il 96,4% degli Italiani sa che gli imballaggi in plastica possono essere riciclati per dare origine a nuovi materiali e prodotti utilizzabili nella vita quotidiana; tra questi, il 74,5% ha conoscenza esatta di quale sia la concretizzazione dell’attività di riciclo di tali imballaggi, mentre il 21,9% ne ha una conoscenza piuttosto generica”.
Insomma, anche se in Italia siamo alquanto preparati rispetto alla necessità di riciclare la plastica, un 20% continua ad avere dubbi su come farlo.
Riciclo della plastica: come avviene
Il riciclo della plastica consiste nella raccolta dei rifiuti plastici che vengono poi separati in modo da escludere altri polimeri, materiali inerti, cariche o additivi in quantità tale da pregiudicare la processabilità.
Questa separazione può avvenire nelle seguenti modalità:
- separazione magnetica;
- separazione per flottazione;
- separazione per densità;
- galleggiamento;
- separazione per proprietà aerodinamiche;
- setaccio tramite soffio d’aria;
- separazione elettrostatica.
Una volta effettuata la separazione, si procede alla lavorazione dei rifiuti plastici, che avviene in tre modi:
- triturazione;
- densificazione;
- estrusione.
Il problema, come puoi immaginare, è che un conferimento errato a monte della plastica rende più lento e complesso il processo di separazione e conseguente riciclo.
Per questa ragione, sarebbe preferibile conoscere quale plastica mettere nel bidone della plastica e quale no.
Vediamo insieme come riconoscerla.
Quale plastica va nella raccolta riciclata e quale no
Gli imballaggi in plastica che noi utilizziamo quotidianamente sono divisi in base al polimero utilizzato e, per ognuno, esiste una sigla e un codice riciclo.
- PET (polietilene tereftalato): codice identificativo 1;
- HDPE (polietilene ad alta densità): codice identificativo 2;
- PVC O V (cloruro di polivinile): codice identificativo 3;
- LDPE (polietilene a bassa densità): codice identificativo 4;
- PP (polipropilene): codice identificativo 5;
- PS (polistirene o polistirolo): codice identificativo 6;
- Altre Plastiche: codice identificativo 7.
Se vuoi approfondire, ti consigliamo di consultare questo opuscolo.
Mettiamo un attimo da parte le informazioni tecniche e cerchiamo di capire, concretamente, quali rifiuti vanno nella plastica e quali no.
Ce lo spiega il COREPLA, il Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica.
Vanno nella raccolta differenziata della plastica:
- le bottiglie di acqua e di altre bevande;
- i flaconi dei detersivi;
- le vaschette dei salumi e dei formaggi confezionati;
- le vaschette per alimenti, come quelle utilizzate per l’imballaggio della carne ad esempio;
- piatti e bicchieri in plastica;
- flaconi con spruzzino, come quello degli sgrassatori ad esempio;
- flaconi di bagnoschiuma e shampoo;
- flaconi del Ketchup;
- i barattoli dello yogurt;
- le vaschette del gelato in polistirolo (il polistirolo, infatti, va nella plastica);
- i vassoi di cioccolatini;
- i sacchetti di patatine, snack e merendine;
- i flaconi di sapone liquido con erogatore;
- l’imballaggio esterno delle confezioni di acqua e bevande;
- shopper e buste della spesa (anche quelle biodegradabili);
- blister preformati, come le confezioni delle lampadine a led ad esempio;
- sacchetti della pasta;
- vaschette portauova;
- imballaggi degli elettrodomestici (polistirolo, fascette, involucri);
- bottigliette delle bibite;
- vaschette per frutta e verdura.
Non vanno, invece, nella raccolta differenziata della plastica:
- utensili da cucina;
- bacinelle;
- pennarelli, penne, squadrette, righelli;
- tubi di irrigazione;
- giocattoli in plastica;
- palloni;
- cartelline portadocumenti in plastica;
- barattoli di plastica;
- frullatori;
- tastiera e mouse del computer;
- CD;
- sedie in plastica, come quelle da giardino ad esempio;
- occhiali;
- pannolini (alcuni impianti stanno sperimentando il riciclo dei pannolini);
- posate in plastica;
- siringhe;
- sottovasi.
La Decisione della Commissione 97/129/CE, con la quale si è stabilita l’etichettatura degli imballaggi in plastica, non prescrive l’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi, che allo stato attuale rimane a livello volontario.
Per fortuna, oggi, la maggior parte dei produttori indicano sull’imballaggio l’etichetta e le modalità di conferimento nei rifiuti.
Quindi, ti consigliamo di controllare sempre le confezioni, spesso rispondono correttamente ai tuoi dubbi.