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Come l’analisi delle acque di scarico può tracciare il contagio da Coronavirus

da | Lug 6, 2020 | Ambiente | 0 commenti

L’epidemia da Coronavirus che ha colpito il mondo negli ultimi mesi ha evidenziato una serie di difficoltà, una delle quali riguarda il tracciamento del contagio

In poche parole, è difficile conoscere con esattezza il numero di persone che hanno contratto il virus, anche perché gli studi condotti fino a questo momento suggeriscono una presenza massiccia di asintomatici, ovvero soggetti che sono stati esposti al contagio ma, non avendo sviluppato i sintomi, non sono stati tracciati. 

Conoscere la percentuale di popolazione contagiata dal SARS-CoV-2 è di fondamentale importanza, sia dal punto di vista medico che statistico. 

In effetti, se sappiamo quante persone hanno contratto il virus, possiamo anche calcolare in modo più efficace i tassi di letalità e di mortalità

Al momento nel nostro Paese si stanno perseguendo tre strade per tracciare il contagio: 

  • I tamponi, che vengono eseguiti però solo a una percentuale di soggetti che manifestano sintomi del COVID-19;
  • l’indagine sierologica, che prevede una campagna di prelievi di sangue da un segmento di popolazione di 150.000 persone;
  • le analisi delle acque di scarico

Sulle prime due si è detto molto, mentre la terza è meno nota, eppure potrebbe rappresentare la soluzione migliore e più efficace, anche perché non prevede il coinvolgimento diretto della popolazione. 

Cosa sono le acque di scarico

Con il termine acque di scarico si intendono tutte le acque reflue provenienti dagli scarichi urbani, residenziali o industriali

Queste acque di scarico – ad esempio quelle del bagno di casa – finiscono nelle fognature. Queste ultime conducono ai depuratori, composti da vasche di raccolta dove viene separata la parte liquida da quella solida (che ha anche degli usi industriali)

La parte liquida viene trattata con alcune sostanze chimiche che la depurano, per poi essere sversata nei corsi d’acqua o destinata a usi industriali (irrigazione dei campi, lavaggio delle strade, ecc…).

Se vuoi approfondire l’argomento, puoi leggere il nostro articolo dedicato alle acque reflue

Perché è importante e utile analizzare le acque di scarico?

A cosa serve analizzare le acque di scarico per il tracciamento del contagio? Beh, in effetti l’idea alla base è abbastanza semplice. 

Abbiamo detto che rientrano nella definizione di acque di scarico anche quelle provenienti dai nostri bagni. Questo vuol dire, banalmente, che contengono deiezioni umane (urine e feci)

Come sai, il nostro corpo espelle i virus tramite le urine, di conseguenza è possibile che tracce del Coronavirus siano presenti nelle acque di scarico, quindi nelle vasche di sedimentazione. 

Ovviamente, non è possibile individuare il virus ancora attivo e integro, ma frammenti dello stesso. 

A cosa servono queste analisi delle acque di scarico

Ora è chiaro che all’interno delle acque reflue siano presenti tracce del coronavirus, quindi è possibile prendere dei campioni e analizzarli. 

Ma a cosa serve? Cosa possono dirci queste analisi? 

Analizzare i campioni di acque reflue ci consente di verificare due elementi: 

  • la presenza del virus secondo una linea temporale;
  • le percentuali di contagio. 

Cosa vuol dire tutto questo? 

Le acque a ridosso dei depuratori o nelle fognature vengono sempre raccolte per degli esami approfonditi (nel campo della Virologia ambientale), questo ci permette di capire, analizzando i campioni dei mesi scorsi, se nel periodo antecedente ai primi casi accertati era già in circolo il virus

Per quanto riguarda, invece, le percentuali di contagio, il discorso è un po’ più complesso, perché richiede competenze di calcolo e di statistica. 

Semplificando al massimo, la concentrazione di frammenti del virus riscontrati nei campioni analizzati ci dice, attraverso una proiezione, quante persone, in termini percentuali, sono state contagiate

Quindi, se i dati disponibili dai tamponi effettuati in una data zona ci dicono, ad esempio, che hanno contratto il virus 1000 persone, ma i risultati delle analisi delle acque di scarico indicano invece una diffusione pari a 3000, vuol dire che in quel territorio il livello del contagio è 3 volte quello noto. 

I frammenti di virus trovati nelle acque di scarico, quindi, fungono da spie del contagio. 

Il Coronavirus era già diffuso a dicembre 2019

In un recente comunicato stampa l’Istituto Superiore di Sanità ha rilasciato i primi dati di uno studio condotto proprio sulle acque di scarico, nello specifico nelle aree di Torino, Milano e Bologna

“Nelle acque di scarico di Milano e Torino c’erano già tracce del virus SARS-CoV-2 a dicembre 2019. Lo ha scoperto uno studio in via di pubblicazione dell’Istituto Superiore di Sanità realizzato attraverso l’analisi di acque di scarico raccolte in tempi antecedenti al manifestarsi della COVID-19 in Italia”

Lo studio è stato condotto da Giuseppina La Rosa del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con Elisabetta Suffredini del Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica veterinaria. 

Ecco cosa si legge nel comunicato. 

“Lo studio ha preso in esame 40 campioni di acqua reflua raccolti da ottobre 2019 a febbraio 2020, e 24 campioni di controllo per i quali la data di prelievo (settembre 2018 – giugno 2019) consentiva di escludere con certezza la presenza del virus. I risultati, confermati nei due diversi laboratori con due differenti metodiche, hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-Cov-2 nei campioni prelevati a Milano e Torino il 18/12/2019 e a Bologna il 29/01/2020. Nelle stesse città sono stati trovati campioni positivi anche nei mesi successivi di gennaio e febbraio 2020, mentre i campioni di ottobre e novembre 2019, come pure tutti i campioni di controllo, hanno dato esiti negativi”.

Quindi, nella zona di Milano e di Torino il virus era già presente a metà dicembre, più di un mese prima dei due casi di COVID-19 confermati in Italia il 30 gennaio 2020

Conclusioni

L’Istituto Superiore di Sanità ha richiesto al Ministero della Salute l’autorizzazione ad avviare una rete di sorveglianza su SARS-CoV-2 nelle acque reflue, e già a luglio si prevede l’inizio di uno studio pilota su alcuni siti prioritari individuati in località turistiche. 

“Sulla base dei risultati dello studio pilota, contiamo di essere pronti per la sorveglianza sull’intero territorio nazionale nei periodi potenzialmente più critici del prossimo autunno”.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.

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