Quante volte sarà capitato di leggere o sentire che bere l’acqua del rubinetto fa venire i calcoli? Molto spesso, ne siamo sicuri, ma è davvero così?
L’acqua del rubinetto di casa può davvero favorire la formazione dei calcoli?
Si tratta di una vecchia e radicata convinzione, purtroppo errata, che merita di entrare nella categoria dei falsi miti sull’alimentazione e la salute.
Non a caso l’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato a questo argomento un contenuto sul suo portale ISSalute.
Approfondiamo insieme e cerchiamo di sfatare questo mito.
Indice dei contenuti
Le origini di questa errata convinzione
La diffusione di questa errata convinzione, secondo la quale bere acqua dal rubinetto favorirebbe la formazione di calcoli renali, è legata principalmente alla composizione di queste “pietruzze” all’interno del sistema urinario.
Infatti, i calcoli renali sono costituiti, nella maggior parte dei casi (ma non sempre), da ossalato di calcio e fosfato di calcio, ed è proprio questo elemento a generare confusione.
Come sai, l’acqua del rubinetto, così come l’acqua in bottiglia, contiene calcio in quantità variabili, indicata nel cosiddetto “residuo fisso”, ovvero nella concentrazione di sali di calcio e magnesio.
Ma non si tratta di ossalato o fosfato di calcio, quanto di carbonato di calcio, elementi chimici distinti. Quello che noi comunemente chiamiamo calcare, è, appunto, carbonato di calcio.
Purtroppo, confondendo i due elementi, si è diffusa la convinzione che il calcio contenuto nell’acqua faccia venire i calcoli.
Non è così!
La formazione di calcoli renali non dipende dal calcio contenuto nell’acqua
Come abbiamo spiegato, le ragioni alla base di questo falso mito sono da individuare nella confusione tra la composizione dei calcoli renali, prevalentemente ossalato di calcio ed i sali di calcio contenuti nell’acqua che beviamo e che, sia chiaro, si trovano anche nell’acqua imbottigliata (carbonato di calcio).
Il consiglio di bere acqua con un basso residuo fisso, quindi con ridotto apporto di calcio, oltre a non avere nessuna base scientifica dimostrata, non ha alcun effetto benefico sulla prevenzione dei calcoli renali, anzi, può addirittura essere controproducente.
Come si legge in uno studio dal titolo “Influenza del calcio sul rischio di calcolosi renale”, realizzato presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Biotecnologia Applicata “D. Campanacci” dell’Università di Bologna:
“[…] ancora oggi è invalsa l’abitudine di suggerire ai pazienti, con calcolosi renale, una restrizione dietetica dell’apporto di calcio, anche se gli studi prospettici eseguiti non hanno stabilito la reale efficacia di questa misura.”
Infatti, è bene capire che la formazione dei calcoli da ossalato di calcio dipende principalmente da una predisposizione individuale o familiare, da alterazioni metaboliche e solo in piccola percentuale dall’alimentazione (meno del 10-15% dell’ossalato escreto è di derivazione alimentare).
Citando lo studio menzionato prima:
“I pazienti con calcolosi renale devono essere esortati a mantenere una diuresi superiore ai 2 litri al giorno, distribuendo il consumo di liquidi nell’arco delle 24 ore, per un ammontare totale di circa 2,5-3 litri.”
L’acqua calcarea, insomma, non ha nessun effetto sulla formazione dei calcoli renali.
Anzi, parlando proprio di alimentazione, bere molta acqua contribuisce alla non formazione dei calcoli renali, perché consente una migliore diluizione delle urine e delle “sabbioline” in esse contenute che potrebbero, in assenza di una idratazione corretta, formare dei calcoli.
Ridurre l’assunzione di calcio non previene la formazione dei calcoli
La prevenzione dei calcoli renali non prevede affatto un ridotto apporto di calcio (anzi se ne consiglia un’assunzione regolare) quanto una riduzione nel consumo di alcuni cibi che contengono ossalato di calcio.
È quanto è emerso da un grande studio prospettico iniziato nel 1993 su 45.000 uomini, di età compresa fra 40 e 75 anni, con lo scopo di valutare l’influenza del calcio e di altri nutrienti sul rischio di recidiva di calcoli renali.
Lo studio è durato circa 4 anni, durante i quali si è evidenziato che, contrariamente a quanto si pensava, il rischio di formazione e recidiva di calcoli renali si riduceva di circa il 50% nei soggetti il cui apporto alimentare di calcio era più elevato rispetto al gruppo che seguiva una dieta ipocalcica.
Ecco perché, diversamente da quello che ci è stato raccontato per moltissimo tempo, l’acqua del rubinetto, il latte, i formaggi, i prodotti caseari, ovvero quelli ricchi di calcio, non rientrano nella lista di prodotti da evitare a prescindere.
Fanno parte di questa lista, invece, alcuni alimenti ai quali non avremmo mai pensato, come spinaci, pomodori verdi, cioccolato, rabarbaro, barbabietole, e tè verde.
È stato anche ampiamente dimostrata una correlazione tra l’assunzione di proteine animali e la formazione di calcoli renali, quindi si consiglia una dieta ipoproteica a chi soffre di questi disturbi urinari.
Inoltre, un elevato consumo di sodio può incidere negativamente, quindi è preferibile farne un uso contenuto.
Tra l’altro, è stato più volte sottolineato che un’eventuale dieta ipocalcica non solo non ha effetti positivi sulla formazione dei calcoli, ma potrebbe causare una carenza di calcio nelle ossa, con conseguente perdita di massa ossea.
Concludiamo riportando un altro estratto dal paper succitato:
“In conclusione si può affermare che esistano sufficienti evidenze che indicano l’inappropriatezza di una dieta ipocalcica nei pazienti con nefrolitiasi”.