L’epatite C è una malattia infettiva che colpisce il fegato, causata dal virus HCV. Spesso definita come una “malattia silenziosa”, l’infezione da HCV può restare asintomatica per molti anni, pur causando danni progressivi al fegato.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 50 milioni di persone nel mondo vivono con un’infezione cronica da epatite C, e ogni anno si registrano 1 milione di nuove infezioni e 242.000 decessi a causa di complicanze come la cirrosi epatica e il cancro al fegato.
Nonostante i progressi nella diagnosi e nelle terapie antivirali, la prevenzione rimane fondamentale per arginare la diffusione del virus, per il quale, come vedremo, non esiste un vaccino.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è l’epatite C, quali sono le cause, i sintomi, le opzioni terapeutiche e come prevenire l’infezione.
Indice dei contenuti
- Cos’è l’Epatite C?
- Cause dell’epatite C: come si trasmette il virus?
- Quali sono i sintomi dell’epatite C?
- Sintomi fase acuta
- Sintomi fase cronica
- Complicazioni dell’epatite C
- Come si diagnostica?
- Quando fare i test?
- Epatite C: situazione epidemiologica in Italia
- Come prevenire l’infezione?
- 1. Evitare l’uso di aghi condivisi
- 2. Precauzioni nelle strutture sanitarie
- 3. Comportamenti sessuali sicuri
- 4. Prevenire trasfusioni di sangue non sicure
- 5. Test regolari per le persone a rischio
- 6. Prevenzione della trasmissione madre-figlio
- 7. Norme igieniche adeguate
- Trattamento per l’epatite C (HCV)
- Farmaci antivirali ad azione diretta (DAA)
- Effetti collaterali DAA
- Pazienti con cirrosi epatica
- Coinfezione da HIV e HCV
- Trattamento post-trapianto di fegato
- Prevenzione della recidiva
Cos’è l’Epatite C?
Come accennato nell’introduzione, l’epatite C è un’infiammazione del fegato causata dal virus dell’epatite C (HCV), appartenente alla famiglia dei Flaviviridae.
Questo virus si trasmette prevalentemente attraverso il contatto diretto con il sangue infetto e, una volta entrato nel corpo, può portare a due forme principali di infezione:
- infezione acuta: la fase iniziale dell’infezione, che può durare da alcune settimane a sei mesi. In molti casi, questa fase passa inosservata perché i sintomi sono lievi o del tutto assenti. Solo una piccola percentuale di persone riesce a eliminare spontaneamente il virus in questa fase;
- infezione cronica: quando il sistema immunitario non riesce a eliminare il virus, l’infezione diventa cronica. Questo accade in circa il 70% delle persone infette (con un range di 55–85%). L’infezione cronica può durare tutta la vita e portare a gravi complicazioni, come la cirrosi epatica e il carcinoma epatocellulare (cancro al fegato).
La malattia progredisce lentamente, e molte persone non si rendono conto di essere infette fino a quando il danno epatico non è già avanzato.
Cause dell’epatite C: come si trasmette il virus?
Abbiamo spiegato che l’epatite C è causata dall’infezione del virus HCV, che si trasmette principalmente attraverso il contatto diretto con sangue infetto.
Vediamo, quindi, quali sono le principali cause e modalità di trasmissione del virus:
- uso di droghe endovenose: la condivisione di siringhe o altri strumenti per l’iniezione di droghe è il fattore di rischio più comune per la trasmissione dell’HCV. Anche una minima quantità di sangue infetto presente sull’ago può trasmettere il virus a un’altra persona. Per questo motivo, i tossicodipendenti rappresentano un gruppo di soggetti fortemente a rischio;
- trasfusioni di sangue e prodotti ematici contaminati: in passato, le trasfusioni di sangue e i trapianti di organi erano una delle principali cause di infezione da HCV. Per fortuna, a partire dagli anni ’90, grazie all’introduzione di test di screening per il virus, il rischio di trasmissione attraverso le trasfusioni è drasticamente diminuito nei paesi sviluppati, mentre nei paesi a basso e medio reddito, dove i controlli possono essere meno rigorosi, permane;
- strumenti medici non sterilizzati: l’uso di strumenti medici non adeguatamente sterilizzati o riutilizzati senza misure di sicurezza (come aghi, strumenti chirurgici o odontoiatrici) può portare alla trasmissione dell’HCV. Questo è particolarmente comune in contesti in cui le pratiche di sterilizzazione non sono seguite correttamente;
- tatuaggi e piercing: se l’attrezzatura utilizzata è contaminata dal sangue di una persona infetta, il virus può essere trasmesso a chi riceve il tatuaggio o il piercing;
- trasmissione materno-fetale: anche se meno comune, l’HCV può essere trasmesso dalla madre al figlio durante il parto. Questo rischio aumenta se la madre ha una carica virale elevata o co-infezioni con altri virus, come l’HIV. Detto questo, la trasmissione durante la gravidanza è più rara;
- rapporti sessuali: sebbene meno comune rispetto ad altri virus come l’HIV, l’epatite C può essere trasmessa durante rapporti sessuali non protetti, specialmente se c’è contatto con sangue, come può accadere in caso di traumi, infezioni o durante il ciclo mestruale. Il rischio aumenta nei casi di rapporti sessuali tra persone con HCV e altre infezioni sessualmente trasmissibili;
- esposizione professionale: il personale sanitario che entra in contatto con il sangue (attraverso aghi o strumenti taglienti) è a rischio di esposizione professionale al virus. Tuttavia, seguire rigorose pratiche di sicurezza, come l’uso di dispositivi di protezione personale (guanti, maschere) e la corretta gestione degli strumenti contaminati, riduce drasticamente il rischio;
- condivisione di articoli personali: la condivisione di oggetti personali che possono entrare in contatto con il sangue, come rasoi, spazzolini da denti o forbicine per le unghie, può essere una causa di trasmissione del virus.
I fattori che, invece, non causano la trasmissione, ma che spesso vengono considerati come a rischio, sono i seguenti:
- contatto casuale, come una stretta di mano o un abbraccio;
- cibo o acqua;
- tosse o starnuti;
- condivisione di posate o bicchieri.
Conoscere le cause dell’epatite C è essenziale per comprendere le vie di trasmissione e adottare misure preventive per ridurre il rischio di infezione.
Quali sono i sintomi dell’epatite C?
Lo abbiamo sottolineato in più occasioni, l’epatite C è spesso asintomatica, e molte persone non manifestano sintomi per lungo tempo, anche per decenni, dopo l’infezione.
Tuttavia, anche in assenza di segnali evidenti, il virus continua a danneggiare il fegato, il che può portare a gravi complicazioni.
Ma allora, come si fa a capire se si ha l’epatite C? In linea generale, i sintomi variano a seconda dello stadio dell’infezione, ovvero acuta o cronica.
Sintomi fase acuta
La fase acuta dell’epatite C si verifica nelle prime settimane o mesi dopo l’esposizione al virus. Circa il 20-30% delle persone infette sperimenta sintomi, che possono includere:
- affaticamento e stanchezza costante senza una causa apparente;
- dolori muscolari, che ricordano sintomi influenzali;
- febbre, con lieve aumento della temperatura corporea;
- nausea e vomito;
- dolori addominali, localizzati soprattutto nella parte destra dell’addome, vicino al fegato;
- ittero, che consiste nella colorazione giallastra della pelle e degli occhi dovuta a un accumulo di bilirubina nel sangue, sintomo tipico di problemi al fegato;
- cambiamenti nel colore dei liquidi corporei (urine scure e feci chiare) a causa della compromessa funzionalità epatica.
Questi sintomi possono essere lievi e facilmente confusi con quelli di altre malattie virali, come l’influenza. Tuttavia, nella maggior parte dei casi (70-80%), l’infezione acuta non presenta sintomi e può passare inosservata.
Sintomi fase cronica
Quando l’infezione acuta non viene eliminata dal sistema immunitario, diventa cronica. L’epatite C cronica può durare per anni o decenni senza sintomi evidenti, ma nel tempo può causare danni progressivi al fegato.
Se presenti, i sintomi più comuni di sono:
- affaticamento persistente, spesso debilitante;
- dolori articolari e muscolari, simil-influenzali, che persistono nel tempo;
- problemi cognitivi, come difficoltà di concentrazione e “nebbia mentale”;
- nausea e perdita di appetito, che possono portare a una significativa perdita di peso;
- prurito diffuso, a causa della disfunzione epatica;
- ittero;
- gonfiore addominale, causato dall’accumulo di liquidi dovuto a danni avanzati al fegato
Poiché molti dei sintomi iniziali dell’epatite C possono essere subdoli o inesistenti, è importante fare regolari controlli medici, soprattutto se si è stati esposti a fattori di rischio, come:
- uso di aghi non sterilizzati;
- trasfusioni di sangue prima del 1992;
- storia di malattie epatiche nella famiglia;
- stile di vita con comportamenti a rischio (uso di droghe, tatuaggi in ambienti non controllati).
Si consiglia di rivolgersi al proprio medico per valutare come procedere.
Complicazioni dell’epatite C
Se l’epatite C cronica non viene trattata, può evolvere in complicazioni più gravi, tra cui le seguenti:
- cirrosi epatica: formazione di cicatrici permanenti sul fegato, che ne compromettono la funzionalità;
- insufficienza epatica: il fegato non è più in grado di svolgere le sue funzioni vitali;
- carcinoma epatocellulare: una forma di tumore al fegato che può svilupparsi in individui con cirrosi;
- ipertensione portale: aumento della pressione sanguigna nella vena porta del fegato, che può causare varici esofagee e sanguinamento gastrointestinale.
Una diagnosi precoce è fondamentale per prevenire danni irreversibili al fegato e altre gravi complicazioni.
Come si diagnostica?
Poiché spesso la malattia è asintomatica, soprattutto nelle fasi iniziali, molti individui scoprono di essere infetti solo attraverso test di screening o esami di routine.
E quali sono questi test?
- test degli Anticorpi Anti-HCV: verifica la presenza di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da HCV. Questo test non è in grado di distinguere tra un’infezione attiva e una passata, mostra solo se una persona è stata esposta al virus. Se il risultato è negativo, significa che non si è mai stati esposti al virus (tranne nei casi di infezione molto recente). Se, invece, è positivo, indica che l’individuo è stato infettato dal virus in qualche momento. In questo caso, sono necessari ulteriori test per confermare se l’infezione è attiva;
- test dell’RNA dell’HCV (PCR): se il test degli anticorpi risulta positivo, si esegue un test di conferma chiamato test dell’RNA dell’HCV (con la tecnica della reazione a catena della polimerasi, o PCR). Questo test rileva il materiale genetico del virus (RNA virale) nel sangue e conferma la presenza di un’infezione attiva. Inoltre, misura la carica virale, ovvero la quantità di virus presente nel sangue, utile per monitorare la risposta al trattamento;
- genotipizzazione del virus: dopo la conferma dell’infezione, un passo importante è determinare il genotipo del virus dell’HCV. Esistono diversi genotipi (da 1 a 6), e individuarli è essenziale per stabilire il tipo di trattamento da seguire, poiché alcuni genotipi rispondono meglio a determinati farmaci rispetto ad altri.
Oltre ai test virali, vengono eseguiti anche degli esami del sangue per valutare la salute del fegato, misurando enzimi epatici come le transaminasi (ALT, AST), che aumentano in caso di danno al fegato, o altri parametri, come bilirubina, albumina e tempo di protrombina, che indicano la capacità del fegato di svolgere le sue funzioni vitali.
Una volta confermata l’infezione da HCV, è importante valutare l’entità del danno epatico, soprattutto se l’infezione è cronica e prolungata, eseguendo esami e procedure più complessi:
- elastografia (Fibroscan): metodo non invasivo per misurare il grado di fibrosi epatica, utilizza onde elastiche per valutare la rigidità del fegato, che aumenta con il danno epatico;
- biopsia epatica: ottenere un campione di tessuto del fegato e valutarne direttamente il grado di fibrosi o cirrosi. Tuttavia, oggi è meno comune grazie a tecniche non invasive come l’elastografia.
- ecografia e risonanza magnetica: possono essere utilizzate per esaminare la struttura del fegato, valutare la presenza di cirrosi, ascite o altre complicazioni, compresi i tumori epatici.
Quando fare i test?
Gli esami elencati, soprattutto quelli meno invasivi come i prelievi ematici, sono particolarmente raccomandati per le persone a rischio, tra cui:
- individui che hanno usato droghe per via endovenosa;
- persone che hanno ricevuto trasfusioni di sangue o trapianti di organi prima del 1992;
- lavoratori sanitari esposti a sangue infetto;
- persone con altre infezioni virali come HIV;
- coloro che hanno subito trattamenti medici o chirurgici in paesi con scarsi standard igienici
Ricordiamo, infine, che per i nati tra il 1969 e il 1989, è possibile aderire allo screening gratuito per l’epatite C, informandosi presso la propria ASL.
Epatite C: situazione epidemiologica in Italia
La situazione epidemiologica in Italia, in merito alla diffusione delle Epatiti (A, B, C) è monitorata dal SEIEVA (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute), il quale ha pubblicato l’ultimo bollettino nel marzo del 2024, con i dati al 31 dicembre 2023.
Dal 1985, anno in cui è iniziata la raccolta dati, ad oggi, c’è stato un calo dell’incidenza, eppure il vero problema dell’Epatite, in particolare dell’Epatite C, è la mancata diagnosi.
Elenchiamo, di seguito, i principali dati raccolti da SEIEVA:
- nel 2023 sono stati segnalati 51 nuovi casi di epatite C acuta, 4 in meno di quelli registrati nel 2022. Le regioni con il maggior numero di casi sono state Lombardia (33,3% dei casi), Lazio (25,5%) e Veneto (9,8%);
- si osserva un maggior numero di casi tra gli uomini (72,5% dei casi) e nella fascia d’età 35-54 (52,4%), in linea con le osservazioni degli anni precedenti;
- il fattore di rischio di maggiore importanza è stato il ricorso a trattamenti estetici (manicure/pedicure, piercing e tatuaggi), riportato dal 40,4% dei casi, che ha superato per la prima volta negli ultimi anni l’esposizione nosocomiale (29,4%) che rappresentava negli anni scorsi il principale il principale fattore di rischio;
- l’uso di droghe è stato registrato nel 27,1% del campione, il ricorso a trattamenti odontoiatrici nel 23,9%;
- l’esposizione sessuale (partner sessuali multipli o mancato uso del profilattico in corso di rapporti occasionali) si osserva in 16 soggetti fra quelli con età > 15 anni. I casi in soggetti conviventi con portatori cronici di epatite C sono stati 8 nel 2023, in aumento rispetto all’anno precedente;
- dal punto di vista clinico, non sono stati osservati decessi o casi di epatite fulminante o encefalopatia tra i casi di epatite C acuta.
Come prevenire l’infezione?
Prevenire l’epatite C è essenziale, poiché non esiste ancora un vaccino per questa infezione, a differenza di altre forme di epatite come l’epatite A e B. Tuttavia, adottando misure preventive e modificando determinati comportamenti, è possibile ridurre significativamente il rischio di trasmissione del virus HCV.
Vediamo come.
1. Evitare l’uso di aghi condivisi
Uno dei principali metodi di trasmissione dell’HCV è attraverso l’esposizione al sangue infetto, specialmente tramite uso di aghi contaminati. Questo riguarda:
- uso di droghe iniettabili: non condividere mai aghi o siringhe. L’uso di aghi sterili e monouso è cruciale per evitare la trasmissione del virus;
- tatuaggi e piercing: assicurarsi che l’attrezzatura sia sterile e monouso, e che il personale segua rigorosi standard igienici. In alcuni paesi o ambienti, strumenti non sterilizzati possono essere un mezzo di trasmissione del virus;
- agopuntura: assicurarsi che gli aghi siano nuovi e sterili per ogni sessione.
2. Precauzioni nelle strutture sanitarie
Nel contesto ospedaliero o in altri ambienti sanitari, il personale deve seguire procedure di sicurezza rigorose per evitare la trasmissione di infezioni, che comprendono:
- uso di guanti monouso durante il contatto con sangue o liquidi corporei;
- disinfezione adeguata di strumenti medici e attrezzature;
- manipolazione sicura e smaltimento corretto degli aghi e dei rifiuti contaminati.
3. Comportamenti sessuali sicuri
La trasmissione sessuale dell’epatite C è meno comune, ma può verificarsi, soprattutto in presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili o rapporti sessuali traumatici.
Per ridurre il rischio, quindi, si raccomanda di:
- usare il preservativo, soprattutto nei rapporti con partner occasionali o se si ha una diagnosi di HCV;
- evitare rapporti sessuali durante il ciclo mestruale o quando sono presenti lesioni genitali che potrebbero facilitare il contatto con il sangue.
4. Prevenire trasfusioni di sangue non sicure
Oggi, come già spiegato, il rischio di trasmissione dell’HCV tramite trasfusioni di sangue è molto basso nei paesi sviluppati, grazie a rigorosi controlli sui donatori di sangue e sulle forniture.
Tuttavia, in alcune aree del mondo con standard sanitari inferiori, è ancora possibile contrarre l’infezione attraverso trasfusioni non sicure.
Pertanto, si consiglia di verificare che le strutture sanitarie utilizzino sangue testato e controllato per HCV, specialmente quando si viaggia in paesi con infrastrutture sanitarie meno avanzate.
5. Test regolari per le persone a rischio
Lo abbiamo sottolineato più volte, alcune persone si trovano in categorie ad alto rischio di infezione da HCV, e dovrebbero sottoporsi a screening regolari.
Ci riferiamo, in particolare, a:
- chi ha usato droghe iniettabili;
- chi ha ricevuto trasfusioni di sangue o trapianti prima del 1992, anno in cui sono stati introdotti test accurati per il sangue donato;
- persone con HIV o altre malattie trasmissibili;
- personale sanitario esposto regolarmente al sangue.
Lo screening precoce è fondamentale per avviare il trattamento prima che l’infezione progredisca e causi danni al fegato.
6. Prevenzione della trasmissione madre-figlio
La trasmissione dell’HCV da madre a figlio durante la gravidanza è possibile, anche se rara.
Tuttavia, le donne incinte infette da HCV dovrebbero essere seguite attentamente per prevenire la trasmissione al neonato.
Le madri con epatite C possono comunque allattare, poiché il virus non si trasmette attraverso il latte materno, a meno che non ci siano lesioni sanguinanti sul seno.
7. Norme igieniche adeguate
Le misure di igiene generale, come lavarsi frequentemente le mani e disinfettare superfici che potrebbero essere state a contatto con sangue infetto, sono utili per ridurre la trasmissione del virus, soprattutto in contesti sanitari.
Trattamento per l’epatite C (HCV)
Negli ultimi anni, il trattamento dell’epatite C ha fatto enormi progressi, diventando sempre più efficace e meno invasivo.
Oggi, grazie ai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), è possibile curare la malattia in oltre il 95% dei casi, con cicli di trattamento più brevi e meno effetti collaterali rispetto al passato.
Prima dell’introduzione dei DAA, infatti, il trattamento standard per l’epatite C includeva l’uso di interferone (un farmaco iniettabile) e ribavirina (un antivirale orale). Questi trattamenti erano meno efficaci, con tassi di guarigione intorno al 50%, e presentavano gravi effetti collaterali, tra cui sintomi simil-influenzali, depressione e anemia. Oggi, l’uso di interferone e ribavirina è raro, essendo stati sostituiti dai DAA più moderni.
I farmaci antivirali ad azione diretta attaccano direttamente il virus, impedendo la replicazione e portando alla completa eliminazione del virus dal corpo. Sono ben tollerati, con pochi effetti collaterali, e vengono somministrati per via orale in un ciclo di trattamento che dura generalmente da 8 a 12 settimane.
I DAA vengono combinati in base al genotipo del virus e alla presenza di eventuali complicazioni, come cirrosi epatica. La combinazione di diversi farmaci è fondamentale per garantire la massima efficacia e ridurre il rischio di resistenza virale.
Da questa combinazione deriva anche la durata del trattamento. Detto questo, la maggior parte dei pazienti riceve un ciclo di terapia che dura da 8 a 12 settimane. Tuttavia, in alcuni casi particolari, come nei pazienti con cirrosi avanzata o che non hanno risposto a trattamenti precedenti, la terapia può essere prolungata fino a 24 settimane.
Durante il trattamento con DAA, è importante monitorare i progressi del paziente attraverso esami del sangue che misurano la carica virale. Dopo il completamento della terapia, si esegue un test PCR per confermare la completa eliminazione del virus, solitamente 12 settimane dopo la fine del trattamento. Se il virus non è più rilevabile, il paziente è considerato guarito.
Effetti collaterali DAA
Come accennato prima, i nuovi farmaci DAA sono molto ben tollerati, con pochi effetti collaterali rispetto ai trattamenti precedenti, come l’interferone.
I più comuni sono i seguenti:
- affaticamento;
- mal di testa;
- nausea;
- disturbi digestivi.
Pazienti con cirrosi epatica
Nei pazienti con cirrosi epatica, il trattamento dell’epatite C può essere più complesso.
In caso di cirrosi compensata, in cui quindi il fegato è ancora in grado di svolgere le sue funzioni, i DAA sono altrettanto efficaci. Tuttavia, nei casi di cirrosi scompensata, può essere necessario combinare gli antivirali con altre terapie o considerare il trapianto di fegato.
Coinfezione da HIV e HCV
Le persone con coinfezione da HIV e HCV possono essere trattate con DAA, ma il trattamento richiede una gestione più attenta per evitare interazioni farmacologiche con i farmaci antiretrovirali per l’HIV.
Con una terapia adeguata, anche le persone con coinfezione possono ottenere la guarigione dall’epatite C.
Trattamento post-trapianto di fegato
Per i pazienti che hanno ricevuto un trapianto di fegato a causa di danni da epatite C, il trattamento con DAA è essenziale per prevenire la reinfezione del nuovo organo.
La terapia post-trapianto può essere personalizzata per garantire che il virus non causi ulteriori danni al nuovo fegato.
Prevenzione della recidiva
Sebbene il trattamento con DAA possa eliminare completamente il virus dal corpo, è importante adottare misure preventive per evitare una reinfezione, soprattutto nei pazienti a rischio.
Questo include evitare l’uso di aghi condivisi, pratiche sessuali sicure e la cautela con procedure mediche o tatuaggi in ambienti non sterilizzati.
Insomma, il trattamento dell’epatite C è oggi molto efficace, con cure che possono guarire completamente la maggior parte dei pazienti. Tuttavia, la diagnosi precoce e l’accesso alle terapie antivirali sono essenziali per prevenire danni epatici irreversibili e migliorare la qualità della vita dei pazienti.