Trapianto del midollo osseo: come viene eseguito

da | Nov 22, 2022 | Sanità Integrativa, Trapianti | 0 commenti

Il trapianto di midollo osseo è una procedura alla quale si fa ricorso a determinate condizioni, in pazienti affetti principalmente da malattie del sangue, come la leucemia, alcuni tipi di linfoma, l’anemia aplastica, la talassemia, l’anemia falciforme e alcune malattie congenite metaboliche o da immunodeficienza

Anche se si usa l’espressione “trapianto di midollo osseo” in realtà sarebbe più corretto parlare di trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE), che si trovano appunto nel midollo osseo ma anche, in misura ridotta, nel sangue periferico e nel cordone ombelicale

Come accade per altre tipologie di trapianto, anche quello di cellule staminali emopoietiche prevede un iter, basato non solo sulla stabilizzazione delle condizioni di salute del paziente, ma soprattutto sulla ricerca di un campione compatibile prelevato da un donatore (che potrebbe essere il paziente stesso) e sulla infusione dello stesso nel ricevente.

Andiamo per gradi, e cerchiamo di capire come viene eseguito il trapianto di midollo osseo.

Cosa sono le cellule staminali emopoietiche (CSE)

Le cellule staminali emopoietiche sono cellule staminali adulte immature indifferenziate. Cosa vuol dire? 

Le cellule staminali sono cellule che non possiedono ancora una funzione specifica, ma possono specializzarsi e trasformarsi in 200 tipi di cellule organiche, tra cui quelle del sangue, nervose, muscolari, cardiache, ghiandolari e cutanee. 

Per questa loro capacità di riprodursi a un ritmo estremamente intenso e a differenziarsi nelle varie linee cellulari, sono definite cellule totipotenti.

Le CSE si trovano principalmente nel midollo osseo, nel sangue periferico e nel cordone ombelicale, più precisamente nel sangue presente nel cordone ombelicale o nella placenta. 

Da dove si prelevano le cellule staminali emopoietiche

Abbiamo spiegato che le cellule staminali sono cellule ancora immature, che non svolgono alcuna funzione particolare, ma che sono in grado di evolvere, specializzarsi e maturare

Quando maturano, quindi, le CSE passano dal midollo osseo al sangue periferico, seppur in quantità limitate.

Le opzioni disponibili per il prelievo di queste cellule sono le seguenti: 

  1. dal midollo osseo, che si trova all’interno delle ossa lunghe e nella parte centrale delle ossa piatte, ed è il luogo in cui vengono prodotte le cellule del sangue, quindi globuli bianchi, globuli rossi e piastrine;
  2. dal sangue periferico, quando le cellule staminali raggiungono la maturazione e passano dal midollo osseo al flusso sanguigno;
  3. dal sangue contenuto nel cordone ombelicale, donato volontariamente dalla madre dopo la nascita del bambino. 

Vediamo, ora, come si esegue il prelievo

Come si prelevano le CSE?

Come indicato, è possibile procedere al prelievo delle cellule staminali emopoietiche da tre punti, midollo osseo, sangue periferico e cordone ombelicale. 

1. Prelievo dal midollo osseo

Il metodo più efficace, ma decisamente più invasivo, è il primo, ovvero il prelievo dal midollo osseo, mediante ripetute punture sulle ossa del bacino.

Trattandosi di punture ossee, il prelievo viene eseguito sotto anestesia (totale o epidurale), altrimenti risulterebbe molto doloroso, dura circa 30-45 minuti e non provoca danni e/o menomazioni nel donatore, anche se come tutte le procedure chirurgiche presenta dei rischi, collegati sia all’anestesia che all’insorgere di infezioni o ematomi nella sede di prelievo. 

Nelle 48 ore successive al prelievo il donatore viene tenuto sotto controllo.

In genere si preleva una quantità di sangue midollare che varia dai 700 e ai 1000 mL, che il midollo osseo è in grado di sostituire in circa 7-10 giorni.

2. Prelievo dal sangue periferico

Il prelievo di cellule staminali emopoietiche da sangue periferico è senza dubbio preferibile, in quanto per nulla invasivo e di più facile esecuzione, ma presenta un limite: la quantità di CSE presente nel sangue periferico è molto ridotta

Per questo motivo, nei giorni che precedono il prelievo si esegue una terapia – basata sulla somministrazione di un fattore di crescita chiamato G-CSF (Growth-Colony Stimulating Factor, fattore stimolante la crescita cellulare) – finalizzata alla stimolazione del midollo osseo affinché favorisca il rilascio delle cellule staminali nel flusso sanguigno

Il prelievo avviene tramite la procedura denominata aferesi, che prevede l’impiego di un separatore cellulare. Semplificando, si preleva il sangue dal donatore e viene trasportato all’interno del separatore cellulare che divide le CSE dal resto del sangue. Le cellule staminali vengono quindi raccolte, mentre il sangue viene reinfuso nel donatore tramite l’altro braccio

In genere sono necessarie sei sessioni di 2-4 ore da eseguire nell’arco di più giorni, fino a ottenere una quantità sufficiente di cellule staminali, che possono essere conservate mediante il congelamento.

La procedura è indolore e non prevede alcuna forma di anestesia.

3. Prelievo dal cordone ombelicale

L’ultima modalità di prelievo è quella tramite il sangue contenuto nel cordone ombelicale, che la mamma può decidere di donare dopo il parto a questo scopo. 

Le cellule staminali derivanti dal cordone ombelicale sono però di solito usate solo nei bambini, perché il sangue cordonale non contiene abbastanza cellule per gli adulti.

Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo-IBMDR

Come si legge in una pagina di FAQ presente sul sito del Ministero della Salute, ci sono alcune malattie che possono essere sconfitte solo grazie ad un trapianto di cellule staminali emopoietiche provenienti da un donatore che risulti compatibile con il paziente

Purtroppo la compatibilità completa in ambito familiare (tra sorelle/fratelli) è solo 1 su 4, mentre tra non consanguinei è pari a 1 su 100.000.

Inizialmente i trapianti di CSE venivano eseguiti esclusivamente tra fratelli compatibili HLA identici (vedremo più avanti cosa significa), ma questo escludeva da questa terapia il 70% dei malati affetti da emopatie letali. 

Per questo motivo in tutto il mondo sono nati Registri Nazionali di potenziali donatori di midollo osseo. Nel nostro Paese è denominato Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo-IBMDR, con sede a Genova presso il Laboratorio di Istocompatibilità dell’E.O. “Ospedali Galliera”.

Per maggiori delucidazioni è possibile consultare il sito ufficiale, qui

Cosa vuol dire HLA compatibile

Per eseguire un trapianto di midollo osseo è necessario individuare un donatore compatibile, questo vuol dire che si deve verificare che il sistema HLA tra donatore e ricevente sia il più possibile simile, in modo da limitare il rischio della cosiddetta Malattia del Trapianto contro l’Ospite, una condizione in cui linfociti del donatore colpiscono i tessuti del ricevente, non riconoscendoli come “propri”, un po’ come avviene nei casi di rigetto d’organo.

Cosa vuol dire HLA? Ognuno di noi ha un patrimonio genetico, ereditato dai genitori, che ci caratterizza. Alcuni di questi geni, che compongono il sistema HLA (Human Leucocyte Antigens), controllano il funzionamento di alcuni antigeni, che consentono al sistema immunitario di riconoscere le proprie cellule e reagire contro quelle estranee

Gli HLA sono proteine che si trovano sulla superficie dei globuli bianchi e di altri tessuti del corpo.

Quando due persone condividono gli stessi HLA vuol dire che i loro tessuti sono immunologicamente compatibili.

La compatibilità tra il sistema HLA del donatore e quello del ricevente determina la possibilità di eseguire il trapianto. 

Come si legge sul sito del Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo-IBMDR

“La probabilità che due fratelli siano HLA perfettamente compatibili è del 25-30%. I genitori (o i figli) sono sempre compatibili solo per metà; in questo caso si dice che i due soggetti sono HLA “aploidentici” e la compatibilità è quindi parziale ( pari al 50%).”

La compatibilità HLA può essere verificata attraverso un esame di laboratorio, denominato tipizzazione HLA, con prelievo di sangue venoso dal braccio.

Trapianto autologo, allogenico e singenico

Il trapianto di midollo osseo, quindi di cellule staminali emopoietiche, può avvenire in tre modalità

  • trapianto autologo: quando le cellule sono prelevate dalla persona stessa che lo riceve, ovvero il donatore e il ricevente coincidono. In pratica, si tratta di un autotrapianto;
  • trapianto allogenico: quando le CSE sono prelevate da un familiare o da un donatore non familiare compatibile;
  • trapianto singenico: quando il donatore e il ricevente sono gemelli monovulari, più comunemente denominati monozigoti.

Com’è facile intuire, la compatibilità tra donatore e ricevente è molto più alta in caso di autotrapianto e di trapianto singenico, visto che i gemelli monozigoti condividono il medesimo corredo genetico, ma la prima opzione presenta dei limiti, mentre la terza è alquanto rara. Banalmente, la percentuale di pazienti che necessitano di un trapianto di midollo osseo e hanno un gemello identico è davvero molto ridotta.

Il soggetto che deve ricevere la donazione presenta una patologia, come la leucemia o un tumore del sangue, che rende necessario il ricorso a chemioterapia e radioterapia. Com’è noto, però, queste terapie tendono a colpire non solo le cellule tumorali ma anche quelle sane, comprese quelle staminali prodotte dal midollo osseo. 

Per questo motivo in genere si procede con il prelievo delle CSE dal paziente prima di sottoporlo a queste terapie, in modo da poterle reinfondere in un secondo momento.  

Inoltre, statisticamente nel 40-75% delle persone che hanno ricevuto cellule staminali proprie si registra una eventuale recidiva.

Trapianto di midollo osseo: come si procede

Iniziamo col ricordare che per trapianto si intende la sostituzione di un midollo osseo malato o non funzionante con cellule staminali sane in grado di rigenerare tutte le cellule del sangue.

Prima di procedere al trapianto, però, il paziente deve sottoporsi ad una chemioterapia e/o radioterapia ad alte dosi (terapia di condizionamento), al fine di distruggere le cellule malate presenti e di fare spazio alle nuove cellule che verranno trapiantate. 

Se le cellule staminali provengono da un donatore, prima del trapianto il ricevente deve assumere farmaci per sopprimere il sistema immunitario (immunosoppressori) ed evitare un rigetto.

A questo punto si può eseguire l’infusione delle cellule staminali nel paziente, con un procedimento simile ad una trasfusione di sangue. Sono necessarie circa 2-3 settimane affinché le nuove cellule attecchiscano e inizino a ripopolare il midollo osseo distrutto dalla chemioterapia/radioterapia e a produrre nuove cellule del sangue.

Dopo il trapianto vengono somministrati alcuni farmaci per prevenire le complicanze ed è previsto un periodo di degenza in ospedale per circa 1-2 mesi. Nella maggior parte dei pazienti che ricevono un trapianto di midollo osseo è necessario circa 1 anno per guarire.

In Italia sono presenti diversi centri di trapianto di cellule staminali emopoietiche. L’elenco completo è disponibile qui

Ricordiamo agli iscritti che il Piano Sanitario del Fondo FASDA prevede la copertura delle spese sostenute per sottoporsi a Trapianto di midollo osseo (compreso autotrapianto).

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.

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