Rigetto di trapianto: acuto, iperacuto e cronico

da | Giu 15, 2022 | Sanità Integrativa, Trapianti | 0 commenti

Sottoporsi a un trapianto d’organo è una procedura molto complessa e delicata, che espone al rischio di rigetto acuto, iperacuto e cronico. 

Per ridurre questo rischio si eseguono una serie di controlli preventivi, oltre a una terapia farmacologica dedicata. 

A tal riguardo, il Fondo FASDA prevede, all’interno della sezione Trapianti del Piano Sanitario, anche la copertura delle spese sostenute per i trattamenti farmacologici mirati alla prevenzione del rigetto. Per maggiori informazioni, invitiamo a consultare il nostro sito web. 

Ma cosa s’intende per trapianto, cos’è il rigetto, da cosa è provocato e quali sono le differenze tra rigetto acuto, iperacuto e cronico? Approfondiamo insieme. 

Cosa s’intende per trapianto

Com’è noto, il trapianto d’organi presuppone la presenza di un donatore, che può essere un vivente consanguineo o non consanguineo, oppure un soggetto deceduto

Ma volendo allargare il campo, possiamo in realtà suddividere i trapianti in 4 categorie: 

  • trapianti autologhi, ovvero relativi a tessuti prelevati direttamente dal paziente, come ossa, midollo osseo, innesti di pelle;
  • isotrapianti, ovvero trapianti geneticamente identici al tessuto del donatore. Pensiamo, ad esempio, a un trapianto tra gemelli monozigoti (singenici);
  • allotrapianti o omotrapianti, ovvero trapianti geneticamente dissimili dal tessuto del donatore;
  • xenotrapianti, o eterotrapianti, ovvero innesti provenienti da una specie diversa, ad esempio un animale. Ad oggi è una soluzione impiegata ancora raramente.  

Il trapianto non riguarda solo gli organi nella loro interezza, ma anche cellule, porzioni di un organo e tessuti.

Una delle complicazioni principali del trapianto, a prescindere dalla tipologia dell’organo e del donatore, è il rigetto

Cos’è il rigetto di trapianto

Il rigetto consiste in una reazione del sistema immunitario della persona che si sottopone a un trapianto, che non riconoscendo l’elemento estraneo, lo combatte come se fosse un nemico cercando di distruggerlo. 

Un po’ come accade con gli agenti patogeni, come virus e batteri, il nostro organismo quindi cerca di impedire al tessuto o all’organo trapiantato di funzionare, perché non lo riconosce come parte integrante del tutto. 

Esistono due tipi di rigetto: 

  • il rigetto mediato dalle cellule T, altrimenti detto rigetto cellulare;
  • il rigetto mediato dagli anticorpi, altrimenti detto rigetto umorale.

Com’è facile intuire, maggiore è la compatibilità tra il donatore e il ricevente, minore è il rischio di sviluppare un rigetto di trapianto, facilitando così il decorso post operatorio, ma tutti i soggetti che si sottopongono a questo tipo di intervento può essere interessato dal problema.  

Il rischio di rigetto è ridotto al minimo mediante i controlli pre-trapianto e la terapia immunosoppressiva durante e dopo il trapianto. 

Il rigetto può essere acuto, iperacuto o cronico. Approfondiamo insieme. 

1. Rigetto acuto

Il rigetto acuto di trapianto può verificarsi in qualsiasi momento, ma è più comune da una settimana a tre mesi dopo l’intervento

Molto frequente, il rigetto acuto si verifica quando il sistema immunitario identifica un organo innestato come estraneo e lo attacca

La diagnosi precoce del rigetto acuto del trapianto e il monitoraggio intensificato possono consentire la conservazione dell’innesto, a patto che si intervenga in modo rapido. 

2. Rigetto iperacuto

Il rigetto iperacuto si verifica pochi minuti o ore dopo il trapianto, e distrugge completamente l’innesto che deve essere immediatamente rimosso. 

Si tratta di una condizione oggi estremamente rara, perché può quasi sempre essere prevenuto mediante il cross matching dei tessuti.

3. Rigetto cronico

Il rigetto di trapianto cronico consiste nella della lenta e progressiva  perdita di funzione dell’organo trapiantato

A questo fenomeno possono concorrere differenti cause, principalmente di natura immunologica, che provocano la perdita totale di funzionalità dell’organo o tessuto trapiantato, che dovrà essere rimosso e sostituito. 

Infatti, a differenza del rigetto acuto, che se diagnosticato in tempo utile può essere contenuto e risolto, non esistono cure o trattamenti efficaci contro il rigetto cronico in quanto irreversibile

Quali sono i sintomi di un rigetto di trapianto

I segnali di un rigetto di trapianto sono simili a prescindere dal tipo di rigetto, ovviamente varia l’intensità e il lasso di tempo che intercorre tra l’intervento e la condizione critica, e dipendono comunque dall’organo e dal tessuto innestato

I sintomi principali sono i seguenti: 

  • diminuzione della funzionalità dell’organo;
  • disagio generale o sensazione di malessere;
  • dolore o gonfiore nell’area dell’organo;
  • febbre;
  • sintomi simil-influenzali, inclusi brividi, dolori muscolari, nausea, tosse e mancanza di respiro. 

In base all’organo o tessuto trapiantato possono poi essere evidenti alcuni segnali che il medico andrà poi ad approfondire, ad esempio: 

  • glicemia alta, nel caso di trapianto di pancreas; 
  • riduzione dell’urina rilasciata, in caso di trapianto di rene;
  • mancanza di respiro e ridotta capacità di esercizio, in caso di trapianto di cuore o di polmone;
  • colore della pelle gialla e facile sanguinamento, in caso di trapianto di fegato.

Una biopsia dell’organo trapiantato può confermare che si è verificato il rigetto, ma prima di procedere in tal senso potrebbero essere eseguiti alcuni esami, come una TAC addominale, una radiografia del torace, una ecocardiografia cardiaca, una ecografia renale.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.

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