Il parto cesareo è diventato, negli ultimi decenni, un intervento sempre più sicuro per la madre e per il nascituro, grazie soprattutto al progredire delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche.
Per questa ragione (ma non solo) il parto cesareo programmato – ovvero praticato per scelta della donna – è sempre più praticato, preferendolo al parto naturale, anche quando non è strettamente necessario dal punto di vista medico.
Il taglio cesareo, in effetti, è un intervento chirurgico a tutti gli effetti, associato a rischi materni e perinatali sia immediati che a lungo termine, e non esistono, ad oggi, evidenze che dimostrino benefici evidenti laddove non essenziale.
In poche parole, non esistono ragioni mediche per preferire il parto cesareo se non in presenza di particolari condizioni che possono mettere a rischio la salute della donna e del bambino.
In questo articolo cercheremo di inquadrare questo fenomeno, con l’ausilio di alcuni dati, per poi fornire alcuni consigli utili per prepararsi al meglio al parto cesareo programmato.
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Parto cesareo programmato: i dati sull’Italia
L’Italia è uno dei Paesi in cui si pratica il numero maggiore di parti cesarei al mondo – il più alto in Europa.
Bisogna però sottolineare che, nel periodo 2011-2016, la percentuale di parti cesarei ha registrato un trend negativo, seppur limitato, con un calo di circa il 2%.

Questo dato è contenuto nel Rapporto Osservasalute 2017, al cui interno si legge quanto segue:
“L’indicatore annuale sul ricorso al Taglio Cesareo (TC) per il parto mostra ancora un lieve decremento di questa procedura, sia con riferimento ai casi in cui la donna lo subisce per la prima volta (20,6% TC primari nel 2016 vs 21,0% dell’anno precedente) che a tutti i parti nel complesso (35,1% vs 35,4%). Resta marcato il gradiente Nord-Sud ed Isole, con percentuali che raggiungono circa il 59% su tutti i parti in Campania, che da sempre caratterizza il nostro Paese per questo fenomeno.”

Il fenomeno campano è stato al centro di numerose inchieste giornalistiche nel corso degli ultimi anni, perché una percentuale superiore al 50% è assolutamente ingiustificata dal punto di vista medico.
In generale, le percentuali delle regioni del Centro Sud sono anomale, anche rispetto al resto del Mondo.
In effetti, tutti gli indicatori legati alla gravidanza nel nostro Paese sono nettamente migliorati a partire dagli anni ‘80; il rischio di natimortalità si è quasi dimezzato, la percentuale di donne assistite durante la gravidanza ha superato il 90%, il fenomeno del parto in casa è quasi sparito e i parti pretermine sono in netto calo.
Tutto questo, quindi, è in netto contrasto con una percentuale così ampia di parti cesarei.
Parto cesareo programmato: primario o ripetuto
Fatta eccezione per i parti cesarei d’urgenza, frutto di una condizione non prevista, quando si parla di parto cesareo è necessario fare una distinzione tra parto primario, quindi praticato dalla donna per la prima volta, e ripetuto.
Le statistiche ci dicono che il calo registrato in questi anni è frutto proprio della diminuzione di parti primari, questo vuol dire che inizia a diffondersi, seppur in modo limitato, una maggiore consapevolezza.
Ciò nonostante, ad oggi il numero di tagli cesarei primari è maggiore rispetto ai ripetuti, e la ragione è di facile comprensione: facciamo meno figli, spesso limitandosi a uno solo.
Non avendo altri figli, non si ricorre nuovamente al taglio cesareo.

Quando è consigliato il parto cesareo
Come spiegato, il ricorso al parto cesareo è consigliato solo in presenza di fattori di rischio per la salute del bambino o della madre.
Le cause più comuni che spingono a praticare un taglio cesareo sono le seguenti:
- precedente taglio cesareo;
- distocia, un termine medico che indica un parto difficile, a causa di varie ragioni, che richiede un intervento più complesso;
- presentazione podalica, quando il bambino non si trova in posizione corretta, ovvero con la testa verso il basso;
- distress fetale, altrimenti detta sofferenza fetale;
- mancata risposta all’induzione farmacologica;
- gestosi;
- diabete gestazionale;
- sospetta macrosomia fetale;
- placenta previa;
- distacco intempestivo di placenta;
- prolasso di funicolo;
- infezione materna da HCV;
- tocofobia, ovvero la paura del parto.
A queste cause principali, si aggiungono altri fattori che possono spingere il ginecologo a optare per un taglio cesareo:
- età materna avanzata;
- gemellarità;
- fattori sociali, culturali ed economici.
Parto cesareo programmato: a quante settimane?
Se non si presentano particolari urgenze, il parto cesareo viene programmato dal ginecologo, di concerto con la futura mamma, fissando una data precedente al termine naturale della gravidanza.
In linea generale, si procede al taglio cesareo programmato intorno alla 38esima settimana di gestazione, quando ormai il nascituro è formato e maturo, e può affrontare il parto senza problemi.
Si effettua con un paio di settimane di anticipo rispetto al termine naturale della gravidanza per evitare un travaglio spontaneo, che potrebbe poi portare a un cesareo d’urgenza.
Preparazione al parto cesareo programmato
Il taglio cesareo è un intervento chirurgico, al quale si applicano tutti i riti preparatori tipici di una operazione, con la differenza che non ci si limita a monitorare lo stato della paziente ma anche del bambino.
Nelle 8 ore che precedono il parto è necessario restare a digiuno, durante le quali la futura mamma si sottopone ad accertamenti ginecologici e ostetrici.
Prima di entrare in sala operatoria, si procede a un controllo del nascituro, del battito cardiaco, si esegue una ecografia, si depila la parte superiore del pube e si somministra un clistere alla donna.
Per il parto cesareo si effettua un’anestesia spinale, dopodiché si può procedere con l’intervento, che dura in media circa 40 minuti.
Post parto cesareo programmato
Le ore successive al parto cesareo programmato sono molto delicate per la donna, che dovrà fare molta attenzione ed evitare sforzi, ecco perché potrà tenere il bambino con sé in regime di rooming-in.
Per quanto concerne l’allattamento, non esistono grosse differenze rispetto al post parto naturale.
Dopo circa 24 ore dall’intervento le infermiere aiuteranno la paziente ad alzarsi dal letto e fare qualche passo, importante anche per favorire il ripristino della circolazione sanguigna.
Se non si presentano complicazioni, tre giorni dopo il parto la donna può lasciare l’ospedale e vivere la sua vita da mamma, ricordandosi che per circa un mese e mezzo dovrà evitare di guidare, fare sport, avere rapporti sessuali e sottoporsi a stress fisico eccessivo.
Parto cesareo per le iscritte al Fondo FASDA
In caso di parto cesareo, il Fondo FASDA provvede al pagamento delle spese, così come previsto dal Piano Sanitario, che puoi leggere qui.
La copertura è prestata fino a un massimo di € 2.000,00 per anno associativo e per persona, sia in strutture convenzionate da UniSalute per il Fondo FASDA che in strutture non convenzionate.