Amniocentesi e villocentesi: cosa c’è da sapere

da | Apr 1, 2019 | Gravidanza, Sanità Integrativa | 0 commenti

La gravidanza è un periodo emozionante e pieno di aspettative per molte donne e le loro famiglie. Tuttavia, può anche portare con sé una serie di domande e preoccupazioni, specialmente per le donne che potrebbero essere a rischio di avere un bambino con anomalie genetiche o cromosomiche

In questi casi, opzioni diagnostiche prenatali come amniocentesi e villocentesi possono svolgere un ruolo cruciale nel fornire informazioni diagnostiche preziose e aiutare le famiglie a prendere decisioni informate sulla gestione della gravidanza e della salute del loro bambino.

Ricordiamo alle donne iscritte al Fondo FASDA che il piano sanitario, nell’ambito del Pacchetto Maternità, prevede la copertura delle spese per amniocentesi e villocentesi. Per le donne dai 35 anni di età, tali prestazioni sono erogabili senza prescrizione, mentre per quelle minori di 35 anni di età sono riconosciute solo nel caso di malformazione famigliare in parenti di 2° grado o nel caso di patologie sospette.

Per tutti i dettagli, invitiamo a consultare il nostro sito web, qui

Come vedremo nel dettaglio, si tratta di due procedure mediche invasive, che consentono di ottenere campioni di tessuto prelevati dalla placenta o dal liquido amniotico, analizzati per individuare anomalie genetiche, cromosomiche o altre condizioni fetali

Sebbene entrambe le procedure abbiano lo stesso obiettivo generale, ci sono differenze significative nel tipo di campione prelevato, nel momento della procedura, nei rischi associati e nelle informazioni diagnostiche fornite.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire in cosa consistono, come si eseguono e perché vengono prescritte l’amniocentesi e la villocentesi.

Cos’è l’amniocentesi

L’amniocentesi è un procedimento medico eseguito per ottenere informazioni cruciali sullo sviluppo del feto durante la gravidanza, invasivo e ampiamente diffuso in tutto il mondo, che rientra nella categoria dei test di diagnosi prenatale

Questa procedura, generalmente eseguita nel secondo trimestre di gravidanza, fornisce ai medici una visione dettagliata della salute del bambino non ancora nato.

Come abbiamo accennato, si tratta di un intervento invasivo, che genera ansia e preoccupazione nelle future mamme, del tutto comprensibile. Bisogna, però, sottolineare che, nel corso di più di un secolo dalle sue prime applicazioni, la scienza medica ha fatto passi da gigante, rendendo questa procedura molto più sicura di quanto non fosse in passato.

In effetti, l’introduzione degli ultrasuoni negli anni ‘70 ha consentito di effettuare l’amniocentesi in modo molto più preciso e sicuro, perché si riusciva a individuare in modo efficace il punto in cui inserire l’ago.

In questo caso si parla di prelievo ecoguidato.

Successivamente, ancora una volta grazie ai progressi della tecnica, è stato introdotto il prelievo ecomonitorato, che consente di visualizzare in modo costante il feto, la placenta, e di guidare l’inserimento dell’ago.

Oggi le controindicazioni e i rischi legati all’amniocentesi sono molto ridotti, ma resta un esame invasivo da approcciare in modo adeguato e con la giusta esperienza da parte di chi la effettua.

Come si effettua l’amniocentesi: prelievo ecoguidato e prelievo eco monitorato

L’amniocentesi, come suggerisce il nome stesso della procedura, consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico, che contiene il corredo genetico del bambino, nella misura di 15-20 ml (se eseguita nel secondo trimestre di gravidanza).

Per evitare possibili contaminazioni del fluido con cellule materne, si rimuove una piccola quantità di liquido prelevato, solitamente circa 0,5 cc.

Ma come si procede?

In precedenza abbiamo accennato all’esistenza di due modalità di esecuzione dell’amniocentesi, frutto dell’evoluzione delle tecnologie diagnostiche registrate nel corso degli ultimi decenni. 

Nello specifico, abbiamo parlato di due tipi di prelievo del liquido amniotico, che possiamo considerare l’uno l’evoluzione dell’altro:

  • prelievo ecoguidato;
  • prelievo eco monitorato.

Approfondiamo insieme.

Prelievo ecoguidato

Il prelievo ecoguidato nell’amniocentesi è una procedura in cui l’ecografia viene utilizzata per guidare con precisione l’ago durante il prelievo di liquido amniotico dal sacco amniotico che circonda il feto nell’utero della madre. 

Durante questa procedura, le immagini ecografiche consentono al medico di visualizzare in tempo reale la posizione del feto e del sacco amniotico, garantendo un posizionamento accurato dell’ago

Ciò riduce il rischio di danni al feto o ad altre strutture circostanti, assicurando che il prelievo di liquido amniotico sia eseguito in modo sicuro ed efficace.

Prelievo eco monitorato

Il prelievo eco monitorato nell’amniocentesi implica l’uso continuo dell’ecografia per monitorare il movimento dell’ago e la posizione del feto durante l’intera procedura

Questo monitoraggio in tempo reale consente al medico di assicurarsi che l’ago venga inserito nella posizione corretta nel sacco amniotico e che il prelievo di liquido amniotico avvenga in modo sicuro e senza rischi per il feto

Il prelievo eco monitorato garantisce un controllo costante della procedura, garantendo la massima precisione e sicurezza per la madre e il bambino.

Oggi rappresenta la modalità di prelievo standard nella pratica clinica.

Anche se ormai le complicanze sono molto rare, l’amniocentesi resta un esame diagnostico invasivo, ecco perché si tende a informare in modo adeguato i futuri genitori sui rischi a esso connessi, materni e fetali.

Per quale motivo si fa l’amniocentesi?

Le indicazioni per l’amniocentesi variano a seconda della situazione clinica della madre e del feto. 

In genere, le ragioni che spingono il medico ginecologo a prescrivere questo tipo di test prenatale sono le seguenti:

  • età materna avanzata: le donne di età superiore ai 35 anni hanno un rischio maggiore di concepire un bambino con anomalie cromosomiche, come la sindrome di Down;
  • anomalie rilevate durante l’ecografia o il test di screening: se, durante l’ecografia di screening o i test di screening prenatale (come il test del triplo screening o il test del DNA fetale libero nel sangue materno) vengono rilevate anomalie fetali o segni di preoccupazione, l’amniocentesi può essere raccomandata per confermare la presenza di queste anomalie e ottenere ulteriori informazioni diagnostiche;
  • storia familiare di malattie genetiche: le donne con una storia familiare di malattie genetiche o anomalie cromosomiche possono essere consigliate a sottoporsi all’amniocentesi per valutare il rischio che il loro bambino possa ereditare tali condizioni;
  • esami prenatali precedenti anomali: se i risultati di test prenatali precedenti, come l’ecografia di screening o i test biochimici, indicano un rischio aumentato di anomalie fetali, l’amniocentesi può essere consigliata per confermare o escludere tali anomalie;
  • storia riproduttiva precedente: le donne che hanno avuto gravidanze precedenti con anomalie fetali, o che hanno sperimentato aborti spontanei ricorrenti, possono essere consigliate a sottoporsi a questa procedura per valutare il rischio di anomalie cromosomiche o genetiche nella loro attuale gravidanza.

Ricordiamo di nuovo che, per quanto sicuro e ampiamente diffuso, l’amniocentesi è un procedimento invasivo, e comporta un rischio di aborto spontaneo di circa lo 0,1-0,2%. Pertanto, la decisione di sottoporsi all’amniocentesi dovrebbe essere presa dopo una valutazione approfondita dei rischi e dei benefici con il proprio medico.

Quando fare l’amniocentesi

Come puoi immaginare, è il ginecologo a valutare l’opportunità o meno di prescrivere l’amniocentesi, in base alle condizioni della donna incinta, e alla presenza delle indicazioni appena elencate.

Laddove il medico dovesse raccomandare questa procedura, è utile sapere che, a seconda del periodo in cui viene effettuata, è possibile distinguere tre tipi di amniocentesi:

  1. amniocentesi precoce o precocissima, eseguita tra la 10a e 14a settimana;
  2. amniocentesi del II trimestre, eseguita tra la 15a e 20a settimana;
  3. amniocentesi tardiva, eseguita oltre la 24a settimana.

In assenza di particolari indicazioni da parte del medico, l’amniocentesi viene generalmente eseguita nel secondo trimestre della gravidanza, di solito tra la 15ª e la 20ª settimana di gestazione

Questo periodo è considerato ottimale per i seguenti motivi:

  • sviluppo del feto: nel quarto mese di gravidanza, il feto ha raggiunto una dimensione sufficiente e il sacco amniotico contiene una quantità adeguata di liquido amniotico, il che facilita il prelievo di un campione sufficiente per l’analisi;
  • rischio ridotto: sebbene l’amniocentesi comporti un rischio di aborto spontaneo, esso è leggermente inferiore nel secondo trimestre rispetto al primo. Di solito, la maggior parte degli organi principali del feto è già stata sviluppata, riducendo il rischio di danni gravi.

È importante discutere attentamente i rischi e i benefici con il proprio medico prima di procedere con l’amniocentesi.

Quali malattie si vedono con l’amniocentesi?

L’amniocentesi è un test diagnostico che può rilevare diverse condizioni mediche e anomalie fetali, principalmente attraverso l’analisi del DNA fetale presente nel liquido amniotico prelevato. 

Nello specifico, consente di individuare le seguenti condizioni:

  • anomalie cromosomiche: sindrome di Down (trisomia 21), sindrome di Edwards (trisomia 18), a sindrome di Patau (trisomia 13), e altre anomalie cromosomiche numeriche o strutturali;
  • malattie genetiche monogeniche: fibrosi cistica, distrofia muscolare di Duchenne, talassemia;
  • difetti del tubo neurale: spina bifida, anencefalia;
  • altre condizioni: ricerca di infezioni virali nel feto (come la citomegalovirus o il virus della rosolia), analisi della maturità polmonare fetale, studio di alcune anomalie strutturali fetali.

È importante ricordare che l’amniocentesi non può diagnosticare tutte le malattie o le condizioni congenite, e che non tutti i difetti congeniti sono rilevabili tramite questo test.

Quali sono i rischi dell’amniocentesi?

Sebbene sia considerata una procedura sicura, è importante essere consapevoli delle possibili complicanze che possono verificarsi, tra cui le più comuni sono le seguenti:

  • aborto spontaneo: una delle complicanze più gravi associate all’amniocentesi è il rischio di aborto spontaneo, che è stimato essere inferiore all’1% (le stime variano in base agli studi eseguiti). Questo rischio è leggermente aumentato nelle prime fasi della gravidanza (amniocentesi precoce);
  • perdita di liquido amniotico: durante il prelievo, c’è un rischio di perforazione del sacco amniotico, che può portare alla perdita di liquido amniotico. Sebbene la maggior parte delle perdite di liquido amniotico si risolva spontaneamente, in alcuni casi può essere necessario monitorare attentamente la situazione e, in rari casi, intervenire con misure per proteggere la salute della madre e del feto;
  • infezione: esiste un rischio di infezione dopo l’amniocentesi, sebbene sia raro. Al fine di ridurre questo rischio, si procede alla somministrazione di antibiotici prima della procedura;
  • sanguinamento o lividi: è comune sperimentare lievi perdite ematiche o la formazione di lividi nel sito di inserimento dell’ago dopo l’amniocentesi. Di solito, si risolvono spontaneamente e non richiedono trattamento;
  • disagio o dolore: alcune donne possono sperimentare un leggero disagio o dolore durante la procedura. Il medico può utilizzare un’anestesia locale per ridurre questo disagio, in genere non prevista per questo tipo di intervento;
  • reazioni allergiche: in casi molto rari, possono verificarsi reazioni allergiche al materiale utilizzato durante la procedura, come l’anestetico locale o il materiale di sterilizzazione.

La maggior parte delle complicanze sono rare e il medico prenderà tutte le precauzioni necessarie per ridurre al minimo il rischio di complicanze durante l’amniocentesi. Se si verifica qualsiasi sintomo anomalo dopo la procedura, è importante informare immediatamente il medico.

Come comportarsi dopo aver fatto l’amniocentesi?

Dopo l’amniocentesi, è consigliabile che la donna riposi e limiti l’attività fisica per un breve periodo di tempo per ridurre il rischio di complicazioni, come la perdita di liquido amniotico o il dolore.

È fondamentale che il medico fornisca tutte le informazioni necessarie all’individuazione di possibili sintomi potenzialmente gravi, da segnalare immediatamente. 

Infine, ma non per importanza, bisogna sempre ricordare che l’amniocentesi può essere un’esperienza emotivamente stressante per molte donne. Pertanto, è importante fornire supporto emotivo e psicologico durante tutto il processo, sia prima che dopo la procedura.

Cos’è la villocentesi

Meno nota dell’amniocentesi, la villocentesi è una procedura medica invasiva eseguita durante la gravidanza per ottenere un campione di villi coriali.

Cosa sono i villi coriali?

I villi coriali sono piccole protuberanze presenti nella placenta, derivanti dall’ovulo fecondato, che contengono informazioni sul patrimonio genetico dell’embrione, quindi del feto.

Come per l’amniocentesi, è importante che le donne comprendano i rischi e i benefici della villocentesi e che discutano attentamente con il proprio medico prima di decidere se sottoporsi alla procedura.

Quando si effettua la villocentesi

La villocentesi è una procedura simile all’amniocentesi ma viene eseguita in un momento precedente della gravidanza, ovvero intorno alla 10a e 13a settimana di gravidanza, più o meno tra il secondo e il terzo mese (primo trimestre).

La possibilità di effettuare il test in una fase iniziale della gravidanza è uno dei vantaggi della villocentesi, che resta comunque un test di diagnosi prenatale invasivo.

Tuttavia, in alcune situazioni specifiche, la villocentesi può essere eseguita anche in altri momenti della gravidanza, se necessario. Ad esempio, in caso di necessità urgente di diagnosi prenatale, come la presenza di una grave anomalia fetale rilevata durante un’ecografia precoce, può essere eseguita più precocemente.

In ogni caso, sarà il ginecologo a valutare come procedere.

Per quale motivo si fa la villocentesi?

La villocentesi viene prescritta dal medico per diverse ragioni, principalmente per ottenere informazioni diagnostiche sulla salute del feto e per valutare il rischio di anomalie genetiche o cromosomiche

In genere, può essere raccomandata per le stesse indicazioni dell’amniocentesi, inclusi fattori come l’età materna avanzata (> 35 anni), la storia familiare di malattie genetiche, i risultati anomali dei test di screening prenatale o anomalie rilevate durante l’ecografia.

La decisione di sottoporsi alla villocentesi deve essere basata su una valutazione individuale dei rischi e dei benefici, e dovrebbe essere discussa attentamente con un medico o un consulente genetico.

Come si effettua la villocentesi

Come anticipato, la villocentesi prevede il prelievo dei villi coriali presenti nella placenta, e non nel liquido amniotico.

Come si procede?

  • accesso trans-addominale: è il metodo più comune per eseguire la villocentesi. Come nella amniocentesi, si utilizza anche in questo caso un ago molto sottile da inserire attraverso l’addome materno, fino a raggiungere la placenta in formazione. Questo processo viene eseguito con il monitoraggio dell’ecografia, per guidare l’ago nella posizione corretta ed evitare danni al feto;
  • accesso trans-cervicale: in alcuni casi, specialmente quando la posizione della placenta rende difficile l’accesso trans-addominale o quando ci sono altre complicazioni, come un utero retroflesso, si procede per via vaginale, inserendo quindi un tubicino attraverso la vagina e il canale cervicale, per accedere all’utero e alla placenta. 

A scegliere quale approccio utilizzare è il tecnico che dovrà svolgere l’esame, valutando caso per caso.

Dopo il prelievo dei villi coriali, il medico può utilizzare nuovamente l’ecografia per confermare che il feto sia in buona salute e che non ci siano segni di complicazioni.

A questo punto, il campione di tessuto viene inviato a un laboratorio specializzato per l’analisi genetica, che può richiedere alcuni giorni o settimane per fornire i risultati.

Quali malattie si vedono con la villocentesi?

La villocentesi viene eseguita per rilevare una serie di anomalie genetiche o cromosomiche nel feto. Tra le principali condizioni e malattie che possono essere identificate attraverso l’analisi dei villi coriali ci sono:

  • anomalie cromosomiche: sindrome di Down (trisomia 21), sindrome di Edwards (trisomia 18), sindrome di Patau (trisomia 13), altre trisomie e anomalie cromosomiche strutturali;
  • malattie genetiche monogeniche: fibrosi cistica, distrofia muscolare di Duchenne, talassemia, emofilia, sindrome di Marfan, mucopolisaccaridosi;
  • disturbi del metabolismo ereditario, tra cui la fenilchetonuria (PKU), l’ornitina transcarbamilasi (OTC) e altri;
  • anomalie strutturali fetali: difetti del tubo neurale (spina bifida, anencefalia), difetti cardiaci congeniti e altre malformazioni congenite;

Come abbiamo già specificato in merito alla amniocentesi, anche la villocentesi non può diagnosticare tutte le malattie o le condizioni congenite, e non tutti i difetti congeniti sono rilevabili tramite questo test. 

Quali sono i rischi della villocentesi

La villocentesi è una procedura relativamente sicura, ma comporta alcuni rischi, sovrapponibili a quelli già elencati per l’amniocentesi.

In particolare, il rischio più grave associato alla villocentesi è l’aborto spontaneo, più alto rispetto all’amniocentesi, che può verificarsi a causa di un trauma alla placenta o all’utero durante il prelievo dei villi coriali. 

Secondo quanto riportato sul sito Issalute, la procedura comporta un rischio aggiuntivo di aborto compreso fra l’1% e il 2% rispetto al rischio di aborto spontaneo che ogni gravidanza ha in sé. 

Un’altra complicanza possibile consiste nella perdita di liquido amniotico, a causa della perforazione del sacco amniotico.

Infine, possiamo segnalare anche il rischio di infezione, sanguinamento, formazione di lividi, disagio, dolore e reazioni allergiche.

Questi rischi devono essere adeguatamente comunicati dal medico, al fine di consentire alla donna di approcciarsi alla procedura con la giusta consapevolezza.

Quali sono le differenze tra amniocentesi e villocentesi

Dopo aver illustrato, nel dettaglio, in cosa consistono amniocentesi e villocentesi, è forse il caso di elencare le principali differenze tra le due procedure

In effetti, ci sono diverse differenze tra l’amniocentesi e la villocentesi, che riguardano principalmente il tipo di campione prelevato, il momento della procedura, i rischi associati e le informazioni diagnostiche fornite. 

Riassumiamole insieme:

  • Tipo di campione prelevato:
    • amniocentesi: preleva un campione di liquido amniotico, che contiene principalmente cellule fetali sospese al suo interno;
    • villocentesi: preleva un campione di villi coriali, che sono piccole protuberanze presenti nella placenta. Questo campione contiene principalmente cellule fetali che derivano dalla placenta.
  • Momento della procedura:
    • amniocentesi: viene eseguita, in genere, nel secondo trimestre della gravidanza, di solito tra la 15ª e la 20ª settimana;
    • villocentesi: solitamente viene eseguita nel primo trimestre della gravidanza, tra la 10ª e la 12ª settimana;
  • Rischi associati: in entrambi i casi il rischio principale è l’aborto spontaneo, con una percentuale più alta con la villocentesi. Altri rischi includono la perdita di liquido amniotico, infezione, sanguinamento e reazioni allergiche;
  • Informazioni diagnostiche fornite: entrambi i test possono rilevare anomalie cromosomiche, malattie genetiche monogeniche e altre anomalie fetali. Tuttavia, l’amniocentesi può fornire informazioni più dettagliate su alcuni aspetti, come la maturità polmonare fetale, che può essere importante in caso di necessità di intervento precoce.

La scelta tra amniocentesi e villocentesi dipende dalle esigenze e dalle circostanze individuali della donna e del feto, e dovrebbe essere discussa attentamente con il medico.

ATTENZIONE:
Le informazioni qui riportate hanno carattere divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportati sono assunte in piena autonomia decisionale e a loro rischio.

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