Il potassio è un minerale molto importante per il nostro organismo, che svolge un ruolo cruciale in numerosi processi fisiologici, tra cui la regolazione della pressione osmotica cellulare, il mantenimento del ritmo cardiaco, la trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare, il mantenimento del pH, il metabolismo cellulare e la regolazione della pressione sanguigna.
Una carenza di potassio, condizione nota come ipokaliemia, si verifica quando i livelli nel sangue scendono al di sotto dei valori normali, causando sintomi e possibili complicanze, se non trattati in modo adeguato.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire quali sono le cause, i sintomi, le complicanze di una carenza di potassio e quali sono i trattamenti disponibili.
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Cos’è il potassio e a cosa serve?
Il potassio è un minerale essenziale per il corretto funzionamento dell’organismo. Si tratta, nello specifico, di un elettrolita, ovvero un minerale che trasporta una carica elettrica quando è disciolto nei liquidi corporei come il sangue.
Questo nutriente svolge diverse funzioni cruciali nell’organismo, tra cui le seguenti:
- regola la pressione osmotica cellulare: il potassio contribuisce a mantenere l’equilibrio dei fluidi tra l’interno e l’esterno delle cellule, facilitando lo scambio di nutrienti;
- mantiene il ritmo cardiaco: è fondamentale per il corretto funzionamento del cuore;
- regola la contrazione muscolare: partecipa alla trasmissione degli impulsi elettrici che permettono ai muscoli di contrarsi e rilassarsi;
- mantiene il pH: contribuisce all’equilibrio acido-base nell’ambiente cellulare;
- supporta la funzione nervosa: è necessario per il normale funzionamento delle cellule nervose;
- facilita il metabolismo cellulare: gestisce i processi di utilizzo e smaltimento delle sostanze nutritive e in eccesso;
- regola la pressione sanguigna: contrasta gli effetti del sodio, aiutando a mantenere la pressione sanguigna a livelli normali.
Abbiamo definito il potassio un minerale essenziale, ma cosa vuol dire? Semplificando, con il termine “essenziale” non si intende solo che sia necessario per il nostro organismo, ma più nello specifico che il corpo umano non è in grado di sintetizzarlo – a differenza, ad esempio, della vitamina D – di conseguenza è necessario assumerlo attraverso l’alimentazione. Ciò nonostante, essendo molto biodisponibile, è raro che una sua carenza dipenda esclusivamente da una alimentazione insufficiente.
Secondo quanto riportato sul portale del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, si raccomanda di assumere almeno 3510 mg di potassio al giorno attraverso una sana alimentazione.
Quali sono le cause dell’ipokaliemia?
L’ipokaliemia, o carenza di potassio, può derivare da diverse cause, riconducibili principalmente a tre meccanismi:
- eccessiva perdita di potassio;
- spostamento del potassio dal sangue alle cellule;
- insufficiente apporto di potassio.
Ma perché accade? Vediamo le principali cause:
- Perdita eccessiva di potassio:
- attraverso il tratto gastrointestinale: vomito, diarrea, uso eccessivo di lassativi;
- eccessiva escrezione renale: uso di diuretici, alcune patologie renali come pielonefrite e sindrome nefrosica, diuresi osmotica, malattie tubulari renali.
- Ipersudorazione:
- alcune malattie delle ghiandole surrenali: eccessiva produzione di aldosterone (come nella sindrome di Cushing o iperaldosteronismo primario). In queste condizioni, le ghiandole surrenali producono ormoni che inducono i reni ad eliminare grandi quantità di potassio.
- Ustioni estese;
- Perdite attraverso fistole o adenoma villoso;
- Spostamento del potassio dal sangue alle cellule:
- uso di farmaci: insulina, catecolamine, decongestionanti nasali, beta2 agonisti, teofillina, bicarbonato, verapamil, alcuni farmaci per l’asma come albuterolo e terbutalina. Questi farmaci possono aumentare il passaggio di potassio dal sangue alle cellule;
- alcalosi metabolica o respiratoria;
- ipotermia, sia accidentale che indotta;
- intossicazione da bario.
- Apporto insufficiente di potassio:
- disturbi del comportamento alimentare: anoressia, malnutrizione;
- dieta povera di potassio: questa è una causa rara, dato che molti alimenti contengono potassio, ma potrebbe capitare.
Altre possibili cause sono:
- alcune sindromi: sindrome di Bartter, sindrome di Fanconi, sindrome di Gitelman, sindrome di Liddle;
- tumori del tratto gastro-enterico;
- alcolismo;
- bassi livelli di magnesio nel sangue (ipomagnesemia);
- pseudoipokaliemia: causata da un’inadeguata conservazione del prelievo a temperatura ambiente per periodi prolungati o da marcata leucocitosi;
- utilizzo di fattori di crescita e vitamina B12;
- liquirizia naturale, se consumata in grandi quantità;
- masticazione del tabacco (alcuni tipi);
- chetoacidosi diabetica;
- alcuni farmaci chemioterapici;
- tumori secernenti renina;
- sindrome da secrezione ectopica di ACTH.
Nei pazienti oncologici, l’ipokaliemia è il secondo disordine elettrolitico più frequente e spesso ha un’eziologia multifattoriale che include sia farmaci che provocano un danno tubulare, sia perdite renali e gastrointestinali. Inoltre, questa carenza può essere concomitante ad altri disordini elettrolitici, come l’iponatriemia (carenza di magnesio) e l’iponatremia (carenza di sodio).
Sintomi e complicanze della carenza di potassio
I sintomi della carenza di potassio possono variare a seconda della gravità della condizione. Un lieve calo può essere asintomatico, ma quando i livelli nel sangue scendono in modo più significativo, si possono manifestare diversi sintomi e complicanze, tra cui:
- debolezza muscolare e affaticamento;
- contrazioni muscolari involontarie, crampi e spasmi;
- paralisi muscolare, nei casi più gravi;
- alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie);
- problemi respiratori (dispnea);
- stati confusionali;
- disturbi gastrointestinali, tra cui nausea e vomito;
- iperglicemia;
- problemi renali, con un aumento della frequenza e della quantità di minzione (poliuria) e della sete (polidipsia);
- stipsi;
- bassa pressione sanguigna;
- vertigini o sensazione di svenimento;
- formicolio e intorpidimento;
- rabdomiolisi, una condizione in cui il tessuto muscolare scheletrico si disgrega.
La gravità dei sintomi non sempre è correlata direttamente ai livelli di potassio nel sangue; alcuni pazienti con ipokaliemia severa, infatti, possono non manifestare alterazioni all’ECG.
Quando si può parlare di carenza di potassio?
Per diagnosticare una carenza di potassio il medico può indagare su più fronti e prescrivere diversi tipi di esami e controlli, ma il primo passo fondamentale è la misurazione della concentrazione di questo minerale nel sangue attraverso un semplice prelievo.
Si parla di ipokaliemia quando i livelli di potassio sono inferiori a 3,5 mEq/L, e si considera severa se scendono sotto i 2,5 mEq/L o se il paziente è sintomatico.
A questo punto, però, il medico dovrà escludere la presenza di pseudoipokaliemia, ripetendo gli esami.
In aggiunta, è opportuno valutare anche altri parametri, come la glicemia, la creatininemia, i livelli di magnesio, gli elettroliti nelle urine e l’equilibrio acido-base.
Per stabilire se la causa sia renale o extrarenale, è necessario valutare l’escrezione renale di potassio, ovvero l’espulsione attraverso le urine. A tal fine si può misurare la concentrazione urinaria di potassio o la sua escrezione nelle 24 ore. In assenza di severa poliuria, una concentrazione urinaria di potassio < 20 mmol/l indica una conservazione renale di potassio, mentre valori urinari > 20 mmol/l suggeriscono una perdita renale.
In alcuni casi, si può calcolare il rapporto tra la concentrazione urinaria di potassio e quella di creatinina (Ucr). Un valore > 15 suggerisce cause renali, mentre un valore < 15 orienta verso cause extrarenali. In questo ultimo caso, la valutazione dello stato acido-base può aiutare a differenziare le diverse condizioni patologiche.
Infine, poiché bassi livelli di potassio possono causare anomalie del ritmo cardiaco, viene in genere eseguito un ECG per verificare la presenza di alterazioni.
La diagnosi e il trattamento tempestivo dell’ipokaliemia sono cruciali per prevenire eventuali complicazioni.
Quali sono i rimedi per una carenza di potassio?
Il trattamento della ipokaliemia mira a ripristinare i livelli normali di potassio nel sangue e a correggere la causa sottostante. Le strategie terapeutiche variano in base alla gravità della carenza e alla presenza di sintomi e complicanze.
I principali rimedi sono i seguenti:
- integrazione di potassio per via orale: gli integratori di potassio devono essere assunti solo dietro prescrizione medica;
- integrazione di potassio per via endovenosa: è necessaria quando l’ipokaliemia è grave o sintomatica, quando la somministrazione orale non è efficace, o quando il paziente continua a perdere potassio in quantità superiori a quelle che possono essere ripristinate per via orale;
- trattamento della causa sottostante: è essenziale identificare e trattare la causa primaria della carenza;
- correzione dell’ipomagnesiemia: una carenza di magnesio può causare o peggiorare quella di potassio. Pertanto, è necessario correggerla per facilitare la normalizzazione dei livelli di potassio;
- diuretici risparmiatori di potassio: in alcuni casi, si possono utilizzare diuretici che aiutano i reni a trattenere il potassio. Questi farmaci sono utili soprattutto in pazienti che utilizzano altri diuretici che provocano ipokaliemia, ma solo in presenza di funzione renale normale.
Durante il trattamento, è fondamentale monitorare regolarmente i livelli plasmatici di potassio e l’elettrocardiogramma (ECG), per verificare la risposta alla terapia e prevenire complicanze come le aritmie.
Cosa mangiare per integrare il potassio?
Abbiamo spiegato che il potassio è un nutriente essenziale, ovvero il nostro organismo non è in grado di sintetizzarlo in autonomia, ma lo deve assumere attraverso l’alimentazione.
Vediamo, allora, quali sono le fonti alimentari più ricche di potassio, secondo le tabelle elaborate dal CREA, il Centro di ricerca Alimenti e la Nutrizione.
Stupisce il primo posto in questa particolare classifica, in cui troviamo il tè, che ne apporta ben 2160 mg/100 g. Ovviamente, nonostante l’elevata concentrazione di potassio bisogna capire che una dose standard di tè (una bustina, per intenderci) pesa circa 2 grammi, di conseguenza bisognerebbe berne tantissimo per considerarlo una fonte alimentare adeguata.
Una corretta alimentazione finalizzata alla integrazione del potassio, quindi, dovrebbe prevedere soprattutto il consumo di:
- latte intero;
- legumi;
- frutta disidrata, in particolare albicocche e pesche;
- patatine fritte in busta (senza esagerare, sono molto ricche di sale e grassi);
- zucchine;
- frutta secca, in particolare pistacchi, mandorle, arachidi;
- prosciutto crudo;
- spinaci;
- carne, in particolare pollo e tacchino;
- pesce, soprattutto il salmone;
- sugo di pomodoro;
- banane.
Ricordiamo che una dieta sana ed equilibrata deve basarsi su un corretto apporto di tutti i nutrienti, bilanciando carboidrati, proteine, zuccheri, grassi, vitamine, sali minerali. Per questo, soprattutto in caso di carenze nutrizionali specifiche, si raccomanda di rivolgersi a un nutrizionista per ricevere indicazioni personalizzate.