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Quali sono i sintomi di una pericardite?

da | Giu 12, 2025 | Malattie Cardiovascolari, Sanità Integrativa

Con il termine pericardite si indica uninfiammazione del pericardio (in medicina, il suffisso -ite indica sempre uno stato infiammatorio), una sottile membrana a forma di sacchetto composto da due strati sottili, che circonda il cuore e riveste la sua superficie esterna

Sebbene sia una condizione spesso sottovalutata o misconosciuta, la pericardite è molto diffusa e può avere effetti significativi sulla salute cardiaca. Infatti, è considerato il disturbo pericardico più comune nella popolazione: le malattie pericardiche rappresentano lo 0,1% dei ricoveri, di cui il 5% per dolore toracico.

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è il pericardio, in cosa consiste la pericardite, quali sono le cause, i sintomi, le complicanze e le terapie possibili

Cos’è il pericardio?

Abbiamo visto che la pericardite si configura come uno stato infiammatorio che coinvolge il pericardio, la membrana che circonda il cuore.

Ma per capire bene in cosa consiste questa condizione, è necessario approfondire l’anatomia e la funzione del pericardio

Esso è costituito da due foglietti: un foglietto viscerale, attaccato al miocardio (il muscolo cardiaco), e un robusto foglietto fibroso parietale che lo avvolge. Tra questi due strati è normalmente presente una modesta quantità di liquido, solitamente inferiore a 25-50 mL (definito “liquido pericardico”), fondamentale per permettere ai due foglietti di scivolare agevolmente l’uno sull’altro durante i movimenti del cuore

A cosa serve? Le funzioni del pericardio sono le seguenti: 

  • limitare la distensione cardiaca acuta;
  • migliorare le interazioni meccaniche delle camere cardiache;
  • fornire lubrificazione; 
  • proteggere il cuore da infezioni e tumori;
  • impedire l’eccessiva espansione del cuore in caso di aumento del volume sanguigno, contribuendo all’efficienza cardiaca.

Quando il pericardio si infiamma, si parla, appunto, di pericardite. Questa infiammazione può causare un aumento del liquido nello spazio pericardico, portando alla formazione del cosiddetto versamento pericardico. Un versamento abbondante può compromettere la capacità del cuore di dilatarsi e riempirsi correttamente.

Le diverse forme di pericardite

La pericardite può manifestarsi in diverse forme, classificate in base alla loro durata: 

  • acuta: ha un esordio improvviso, dura meno di tre settimane o fino a quattro/sei settimane;
  • subacuta: dura da quattro a sei settimane fino a tre mesi in maniera continua;
  • cronica: i sintomi persistono per più di tre mesi, o generalmente oltre sei mesi. 

Esiste anche una forma ricorrente, che si verifica settimane dopo un episodio acuto seguito da un periodo asintomatico.

Occasionalmente, l’infiammazione può portare a un marcato ispessimento e irrigidimento del pericardio, una condizione definita pericardite costrittiva, mentre l’accumulo eccessivo o rapido di liquido può causare una grave complicanza, il tamponamento cardiaco, in cui il pericardio rigido impedisce al cuore di riempirsi correttamente, riducendo la gittata cardiaca e potendo portare a shock e decesso. 

Quali sono le cause principali di pericardite?

La pericardite può avere origini diverse, e spesso la sua causa esatta rimane sconosciuta (pericardite idiopatica). Nonostante la complessità e la frequente natura idiopatica, esiste una vasta gamma di possibili fattori scatenanti.

Le cause della pericardite possono infatti essere classificate in diverse categorie principali:

  • Infezioni: rappresentano una delle cause più comuni.
    • virali: sono le cause più frequenti di pericardite nei paesi sviluppati come l’Europa e gli Stati Uniti. Spesso si sospetta un’origine virale anche nei casi idiopatici. Vari virus possono essere responsabili, tra cui Coxsackie B, Echovirus, HIV, virus dell’influenza, SARS-CoV-2, Herpes e Citomegalovirus;
    • batteriche: sebbene meno comuni delle virali, le infezioni batteriche possono causare pericardite purulenta, una forma potenzialmente più grave. Possono verificarsi a seguito di endocardite infettiva, polmonite, setticemia, traumi penetranti o interventi di cardiochirurgia. Tra i batteri responsabili figurano bacilli Gram-negativi, Haemophilus influenzae (nei bambini), Malattia di Lyme, Febbre reumatica, Stafilococchi e Streptococchi. La tubercolosi (TBC) è la causa più frequente di pericardite nei Paesi in via di sviluppo come l’India e l’Africa e può presentarsi in forme acute, subacute o croniche costrittive;
    • fungine e parassitarie: meno comuni, ma possibili cause includono infezioni fungine (es. blastomicosi, candidosi, coccidioidomicosi, istoplasmosi) e parassitarie (es. amebiasi, echinococcosi, toxoplasmosi).
  • Malattie autoimmuni e infiammatorie sistemiche: condizioni in cui il sistema immunitario attacca erroneamente i tessuti del corpo, incluso il pericardio. Alcuni esempi sono l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sclerosi sistemica, amiloidosi, malattia infiammatoria intestinale e sarcoidosi.
  • Lesioni e traumi: traumi al torace o lesioni iatrogene (causate da procedure mediche) come il cateterismo cardiaco, l’inserimento di pacemaker, il posizionamento di linee venose centrali o trattamenti percutanei come l’ablazione con radiofrequenza. La sindrome post-lesione cardiaca comprende la pericardite post-infarto miocardico (Sindrome di Dressler), la sindrome postpericardiotomica (dopo interventi cardiochirurgici) e la pericardite traumatica. L’infarto del miocardio stesso è una causa riconosciuta, responsabile del 7-12% dei casi acuti. L’accumulo di sangue nello spazio pericardico (emopericardio), spesso dovuto a trauma toracico, danno iatrogeno o rottura di un aneurisma dell’aorta toracica, può causare pericardite o fibrosi pericardica.
  • Malattie metaboliche e sistemiche: diverse condizioni mediche possono essere associate alla pericardite. L’uremia (insufficienza renale) è una causa nota. L’ipotiroidismo può portare a versamento pericardico e, più raramente, a pericardite da colesterolo. Altre condizioni includono iperpotassiemia, malattia renale cronica e malattie genetiche come la febbre mediterranea familiare (FMF).
  • Neoplasie (tumori): i tumori, in particolare le metastasi (specialmente da carcinoma polmonare o mammario, sarcoma, melanoma, leucemia o linfoma), sono cause comuni di pericardite cronica con versamento abbondante. Anche i sarcomi di Kaposi nei pazienti con infezione da HIV possono causare pericardite.
  • Radioterapia: la radioterapia toracica, spesso utilizzata per trattare tumori, può danneggiare il pericardio e causarne l’infiammazione.
  • Farmaci e tossine: raramente, alcuni farmaci possono indurre pericardite. Tra questi figurano anticoagulanti, idralazina, inibitori dei checkpoint immunitari, isoniazide, metisergide, penicillina, fenitoina e procainamide. L’uso di stupefacenti e reazioni allergiche a farmaci o sostanze chimiche sono altre cause meno comuni. L’uso di farmaci che sopprimono il sistema immunitario è una causa rara.

Anche se l’eziologia può essere complessa e talvolta non identificabile, la tempestiva valutazione e diagnosi sono fondamentali per un trattamento adeguato e per prevenire complicanze.

Come riconoscere la pericardite: sintomi e manifestazioni tipiche

La pericardite può manifestarsi con una varietà di sintomi, la cui gravità e tipologia dipendono dall’entità dell’infiammazione e dall’eventuale accumulo di liquido nello spazio pericardico. Non tutti i sintomi sono sempre presenti, e in alcuni casi la condizione può essere addirittura asintomatica o presentare sintomi molto lievi.

Il sintomo più comune e spesso caratteristico della pericardite è il dolore toracico, causato dallo sfregamento tra gli strati infiammati e irritati del pericardio.

Ecco le caratteristiche del dolore toracico da pericardite:

  • tipologia: è spesso descritto come acuto, lancinante, trafittivo (“come una fitta”), o talvolta sordo, acheo o pressorio. Non è solitamente oppressivo come il dolore dell’infarto;
  • localizzazione: tipicamente localizzato dietro lo sterno (retrosternale) o nella parte sinistra del torace (precordiale). Può irradiarsi al collo, alla cresta del trapezio (specialmente a sinistra) o alle spalle;
  • fattori aggravanti: il dolore peggiora con i movimenti del torace, la tosse, il respiro profondo, la deglutizione del cibo, o sdraiandosi supini;
  • fattori allevianti: spesso trova sollievo sedendosi e piegandosi in avanti (posizione genupettorale o da preghiera maomettana).

Oltre al dolore toracico, altri sintomi comuni della pericardite includono:

  • febbre, generalmente lieve, ma frequente;
  • fiato corto (dispnea), specialmente quando ci si sdraia;
  • tosse, che può essere secca o non produttiva;
  • affaticamento/debolezza;
  • palpitazioni, ovvero una sensazione di battito cardiaco accelerato o irregolare;
  • accumulo di liquido negli arti inferiori (gambe e caviglie) o nell’addome (ascite), specialmente nelle forme croniche o con versamento significativo;
  • dolore al collo, schiena o spalla sinistra.

Un segno obiettivo importante che il medico può rilevare durante l’esame fisico è lo sfregamento pericardico o strofinamento; si tratta di un suono secco dovuto alla frizione degli strati infiammati del pericardio che può essere auscultato con il fonendoscopio. Lo sfregamento, però, può essere intermittente o evanescente e può scomparire se si accumula una quantità significativa di liquido che allontana i due foglietti pericardici, quindi la sua assenza, specialmente con un versamento significativo, non esclude la diagnosi.

Le manifestazioni cliniche possono variare anche a seconda del tipo di pericardite:

  • pericardite acuta: i sintomi tendono a comparire improvvisamente e includono dolore toracico, febbre, sfregamento e talvolta dispnea;
  • versamento pericardico (accumulo di liquido): di per sé è spesso indolore, ma se si sviluppa rapidamente o diventa abbondante, può comprimere il cuore. Versamenti importanti possono attenuare i toni cardiaci o causare compressione delle strutture adiacenti (come la base del polmone sinistro, riducendo i suoni polmonari);
  • tamponamento cardiaco: questa grave complicanza del versamento rapido o abbondante si manifesta con sintomi simili allo shock cardiogeno, quindi bassa pressione arteriosa, tachicardia, dispnea e vene del collo molto dilatate. Il polso paradosso (una caduta significativa della pressione arteriosa sistolica durante l’inspirazione) è quasi sempre presente nel tamponamento grave;
  • pericardite costrittiva cronica: l’ispessimento e l’irrigidimento del pericardio ostacolano il riempimento cardiaco. I sintomi predominanti sono legati alla congestione venosa sistemica, come edema periferico, distensione delle vene del collo, epatomegalia e ascite. Si può avvertire un tono diastolico precoce chiamato “colpo pericardico”. A differenza del tamponamento, il segno di Kussmaul (aumento della pressione venosa durante l’inspirazione) è presente nella costrittiva, mentre il polso paradosso è raro e meno grave.

È fondamentale sottolineare che molti sintomi della pericardite, in particolare il dolore toracico, sono simili a quelli di condizioni cardiache o polmonari gravi come l’infarto del miocardio o l’embolia polmonare. Pertanto, la comparsa di dolore toracico o altri sintomi sospetti richiede sempre una tempestiva valutazione medica per stabilire la causa esatta e ricevere il trattamento adeguato.

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi di pericardite si basa su una combinazione di elementi clinici e strumentali. Spesso, l’obiettivo diagnostico non è solo confermare l’infiammazione del pericardio, ma anche identificarne la causa sottostante e valutare l’entità di eventuali versamenti o l’insorgenza di complicanze.

Il processo diagnostico include tipicamente i seguenti passaggi:

  1. anamnesi ed esame fisico: il medico raccoglie una storia clinica dettagliata, focalizzandosi sulla descrizione del dolore toracico, sulla sua insorgenza, durata, localizzazione, fattori che lo peggiorano o lo alleviano (come la posizione seduta inclinata in avanti, tipica della pericardite). Vengono indagate anche la presenza di altri sintomi come febbre, affaticamento, tosse o dispnea, e l’eventuale storia di recenti infezioni, traumi, malattie autoimmuni, infarto miocardico, radioterapia o interventi chirurgici. Durante l’esame fisico, un segno obiettivo importante che il medico può ricercare è lo sfregamento pericardico (o strofinamento), come già spiegato prima;
  2. elettrocardiogramma (ECG): è un test non invasivo fondamentale nella diagnosi di pericardite acuta. Può mostrare alterazioni caratteristiche dei segmenti ST e PR e delle onde T, spesso in più derivazioni. A differenza dell’infarto miocardico, la pericardite acuta di solito non causa depressione reciproca dei segmenti ST (eccetto in aVR e V1) e non presenta onde Q patologiche. Le alterazioni ECG possono seguire diverse fasi. Tuttavia, le alterazioni ECG non sono sempre presenti in tutti i casi, e in alcuni casi di versamento importante, l’ECG può mostrare bassi voltaggi del QRS o alternanza elettrica;
  3. ecocardiogramma: è una tecnica di imaging cruciale che utilizza ultrasuoni per visualizzare il cuore e il pericardio. È utile per rilevare l’infiammazione del pericardio e soprattutto l’eventuale presenza e il volume di un versamento pericardico. L’ecocardiogramma può anche valutare la funzione cardiaca, rilevare anomalie nel riempimento cardiaco che suggeriscono tamponamento cardiaco, e fornire indizi sulla possibile causa. Nella pericardite costrittiva, l’ecodoppler aiuta a discriminare dalla cardiomiopatia restrittiva valutando i flussi transvalvolari e venosi durante la respirazione e i movimenti del setto interventricolare;
  4. radiografia del torace: può essere eseguita per escludere altre condizioni polmonari e per valutare le dimensioni e la forma del cuore. Un versamento pericardico significativo può apparire come un ingrossamento della silhouette cardiaca. Nella pericardite costrittiva cronica, la RX torace laterale può talvolta mostrare calcificazioni pericardiche, sebbene questo reperto sia aspecifico e presente solo in circa la metà dei casi;
  5. esami del sangue: vengono eseguiti per cercare segni di infezione o infiammazione. Possono mostrare leucocitosi ed elevati livelli di marcatori infiammatori come la Proteina C-reattiva (PCR) e la velocità di eritrosedimentazione (VES). Se l’infiammazione si estende al muscolo cardiaco (miopericardite), si può riscontrare un rilascio di enzimi cardiaci come la Troponina I e la CK-MB massa. Altri esami del sangue possono essere richiesti per identificare cause specifiche, come test autoimmunitari (per artrite reumatoide o Lupus), test per l’HIV, o ricerche di anticorpi per specifici virus o batteri;
  6. tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM): forniscono immagini più dettagliate del cuore e del pericardio rispetto alla radiografia. La TC può rilevare versamenti pericardici (anche se non è il test di prima linea), escludere altre cause di dolore toracico (come embolia polmonare o dissezione aortica) e valutare l’ispessimento del pericardio, che può indicare una pericardite costrittiva. La RM cardiaca è utile per valutare la presenza, la gravità e l’acutezza dell’infiammazione pericardica, rilevare l’estensione dell’infiammazione al miocardio (miopericardite) e documentare l’infiammazione attiva;
  7. cateterismo cardiaco: il cateterismo cardiaco, destro e sinistro, può essere necessario, specialmente quando si sospetta una pericardite costrittiva. Permette di misurare le pressioni all’interno delle camere cardiache e dei vasi, aiutando a confermare e quantificare le anomalie emodinamiche tipiche della costrizione (come l’equalizzazione delle pressioni diastoliche e le curve di pressione atriale e ventricolare caratteristiche). Può anche essere utile durante il drenaggio di un versamento per verificare la presenza di costrizione con versamento;
  8. pericardiocentesi e analisi del liquido pericardico: in caso di versamento pericardico abbondante, in rapida evoluzione o di causa incerta, può essere eseguita una pericardiocentesi. Questa procedura consiste nel prelevare un campione di liquido dallo spazio pericardico. Il liquido può essere analizzato per identificare la causa dell’infiammazione o del versamento. La pericardiocentesi non ha solo scopo diagnostico, ma anche terapeutico in caso di tamponamento cardiaco;
  9. biopsia pericardica: raramente, può essere necessaria una biopsia del tessuto pericardico per stabilire una diagnosi, specialmente quando la causa non è chiara o si sospetta una tubercolosi o una neoplasia. Può essere eseguita chirurgicamente o tramite pericardioscopio.

Sarà il medico a stabilire come procedere, eseguendo gli esami più adatti in base alle condizioni del paziente.

Come si guarisce da una pericardite?

Il trattamento della pericardite dipende dalla causa sottostante, dalla gravità dei sintomi e dalla presenza di eventuali complicanze. L’obiettivo terapeutico principale è alleviare i sintomi, ridurre l’infiammazione del pericardio e prevenire o gestire le complicanze.

Vediamo come si procedere, in genere:

  • ricovero ospedaliero: può essere necessario per alcuni pazienti con un primo episodio di pericardite acuta, specialmente in presenza di versamenti moderati o grandi, o con caratteristiche ad alto rischio come temperatura elevata, esordio subacuto, immunosoppressione, trauma recente, terapia anticoagulante orale, mancata risposta ai trattamenti iniziali, o in caso di miopericardite;
  • sospensione di farmaci contribuenti: i farmaci che possono aver causato la pericardite (come anticoagulanti, procainamide, fenitoina) dovrebbero essere sospesi, ovviamente sotto stretto controllo medico.
  • riposo: è importante evitare attività fisiche faticose durante la malattia e il recupero, poiché attività intense possono riattivare l’infiammazione;
  • trattamento farmacologico: i farmaci sono spesso la prima linea di trattamento, specialmente per la pericardite acuta. Le principali opzioni sono:
    • i Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei (FANS), usati per ridurre l’infiammazione e alleviare il dolore toracico;
    • la colchicina, utile sia per alleviare il dolore che per ridurre significativamente il rischio di recidive e la persistenza dei sintomi nei pazienti con un primo episodio di pericardite acuta;
    • i corticosteroidi, prescritti quando la pericardite non risponde ai FANS o alla colchicina, o in presenza di specifiche indicazioni (es. malattie reumatiche sistemiche, pericardite autoimmune o uremica);
    • gli anticoagulanti, generalmente controindicati nella pericardite acuta perché possono causare sanguinamento intrapericardico e tamponamento, a meno che non complichi un infarto miocardico acuto precoce;
  • gli antibiotici, per infezioni batteriche;
  • gli antimicotici/antiparassitari, per infezioni fungine o parassitarie;
  • i diuretici, utili per alleviare la congestione (edema, ascite) nella pericardite costrittiva cronica;
  • la digossina, indicata solo se presenti aritmie atriali o disfunzione ventricolare sistolica;
  • gli antagonisti del recettore dell’Interleuchina-1 o altri Immunosoppressori, per casi refrattari o recidivanti, ma l’infezione deve essere prima esclusa.
  • procedure e interventi chirurgici: sono riservati a casi specifici o complicanze. Le principali opzioni sono le seguenti:
    • pericardiocentesi: consiste nel drenare il liquido in eccesso dallo spazio pericardico tramite un ago o un catetere. Indicata urgentemente in caso di tamponamento cardiaco e necessaria per versamenti abbondanti, in rapida evoluzione, sintomatici, ricorrenti o persistenti, o di causa incerta. Ha sia scopo diagnostico (analisi del liquido per cause infettive o maligne) che terapeutico (decompressione), viene solitamente eseguita sotto guida ecocardiografica per sicurezza e può aiutare anche a identificare una potenziale pericardite costrittiva sottostante;
    • finestra pericardica o drenaggio chirurgico: è una alternativa alla pericardiocentesi con ago, specialmente se il tamponamento è certo ma la causa non è chiara. Può essere la scelta migliore per versamenti sintomatici, ricorrenti o persistenti. È una procedura minimamente invasiva per creare un’apertura di drenaggio;
    • pericardiectomia: intervento chirurgico per rimuovere parte o tutto il pericardio, è il trattamento definitivo per la pericardite costrittiva cronica sintomatica, indicato in pazienti con sintomi significativi (es. dispnea, edema, ascite) o segni di costrizione cronica (cachessia, fibrillazione atriale, insufficienza epatica, calcificazioni). È un intervento con un certo rischio, con tassi di mortalità che possono arrivare al 40% in pazienti molto compromessi. Non è indicata per tutti i pazienti con costrizione. Prima di procedere all’intervento, può essere tentata una terapia antinfiammatoria di 3 mesi in pazienti stabili senza segni di costrizione cronica, specialmente se la risonanza magnetica mostra infiammazione attiva. Non è solitamente raccomandata per la pericardite ricorrente a causa delle difficoltà di guarigione post-operatoria dovute all’infiammazione attiva, a meno che altri trattamenti non abbiano successo.

La durata del trattamento varia a seconda della causa e della gravità. Alcuni pazienti recuperano completamente, altri possono richiedere cure a lungo termine o follow-up regolare.

Cosa si rischia con la pericardite?

La pericardite, se non diagnosticata e gestita in modo tempestivo, può evolvere in complicazioni potenzialmente gravi. Conoscerle aiuta a intervenire precocemente e a ridurre il rischio di danni permanenti al cuore.

Le principali complicanze della pericardite sono le seguenti:

  • versamento pericardico e tamponamento cardiaco: l’accumulo eccessivo di liquido nello spazio pericardico può causare un tamponamento cardiaco, condizione in cui il cuore viene compresso e non riesce a riempirsi correttamente di sangue. Può provocare ipotensione, shock e arresto cardiaco. Richiede un intervento urgente, solitamente mediante pericardiocentesi;
  • pericardite costrittiva: il pericardio diventa ispessito e rigido, impedendo il normale riempimento dei ventricoli. Comporta sintomi di congestione venosa (edema, ascite, epatomegalia, dispnea, affaticamento) e può portare a cirrosi cardiaca. In molti casi è necessaria la pericardiectomia (rimozione chirurgica del pericardio);
  • pericardite cronica: persistente oltre i 6 mesi, può causare aderenze e fibrosi con perdita della flessibilità pericardica. Aumenta il rischio di evoluzione verso la pericardite costrittiva;
  • pericardite recidivante: ricompare a distanza di 4–6 settimane da un episodio acuto, con periodi asintomatici nel mezzo. Può ripresentarsi per mesi o anni e interessa fino al 30% dei pazienti. Richiede spesso terapie prolungate;
  • miopericardite: l’infiammazione si estende al miocardio. Può causare disfunzione ventricolare e innalzamento marcato della troponina;
  • insufficienza cardiaca: nei casi più gravi, la pericardite può contribuire a uno scompenso cardiaco, soprattutto nella sua forma costrittiva;
  • tromboembolia: l’infiammazione può aumentare il rischio di formazione di trombi, con possibilità di embolia polmonare o ictus;
  • aritmie atriali: disturbi del ritmo, come la fibrillazione atriale, possono presentarsi soprattutto nella pericardite costrittiva;
  • versamento pleurico: in alcuni casi può associarsi un accumulo di liquido anche a livello pleurico (intorno ai polmoni).

La maggior parte dei pazienti non sviluppa complicanze gravi, soprattutto se la diagnosi è tempestiva e il trattamento adeguato. In presenza di sintomi suggestivi (dispnea progressiva, ipotensione, edemi ingravescenti o dolore toracico persistente), è essenziale rivolgersi subito al medico o al pronto soccorso per gli accertamenti del caso.

Domande frequenti (FAQ)

Cos’è la pericardite?

La pericardite è un’infiammazione del pericardio, il sacco membranoso a doppio strato che avvolge e protegge il cuore. Contiene una piccola quantità di liquido lubrificante. Quando si infiamma, il liquido può aumentare (versamento pericardico), o il sacco può ispessirsi e irrigidirsi, influenzando la funzione cardiaca.

Quali sono i sintomi più comuni?

Il sintomo principale è il dolore toracico, spesso acuto, che può peggiorare con il respiro profondo o stando sdraiati e migliorare sedendosi o piegandosi in avanti. Altri sintomi includono febbre, stanchezza, difficoltà respiratorie, palpitazioni e talvolta gonfiore.

Quali sono le cause principali?

Spesso la causa è sconosciuta (idiopatica), ma si presume virale. Altre cause includono infezioni batteriche (come la tubercolosi), malattie autoimmuni (lupus, artrite reumatoide), traumi al torace, infarto miocardico, radioterapia, insufficienza renale e tumori.

Quali sono i rischi o le complicanze?

Le complicanze includono l’accumulo eccessivo di liquido (versamento pericardico), che può portare al tamponamento cardiaco, una compressione del cuore che impedisce il normale riempimento e pompaggio. Un’altra complicanza è la pericardite costrittiva, dove il pericardio diventa rigido, limitando i movimenti del cuore. L’infiammazione può anche estendersi al muscolo cardiaco (miopericardite).

Come viene diagnosticata?

La diagnosi si basa su sintomi, esame fisico (ascolto dello sfregamento pericardico) e test strumentali. L’elettrocardiogramma (ECG) e soprattutto l’ecocardiogramma sono fondamentali per rilevare l’infiammazione, il versamento e valutare la funzione cardiaca. Possono essere usate anche RX torace, TC o RMN e analisi del sangue per identificare la causa.

Come si tratta la pericardite?

Il trattamento mira a ridurre infiammazione e dolore, spesso con Farmaci Anti-infiammatori Non Steroidei (FANS) e/o colchicina. In casi selezionati si possono usare corticosteroidi. Il tamponamento cardiaco richiede un drenaggio urgente del liquido (pericardiocentesi). La pericardite costrittiva può necessitare la rimozione chirurgica del pericardio (pericardiectomia).

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